Lo smacco della tappa forzatamente abbreviata non mi era andato giù, e così la domenica successiva eccomi di nuovo in Valcamonica per percorrere la parte mancante della ciclovia, da Capo di Ponte a Darfo.
https://www.komoot.com/it-it/tour/1875900382?share_token=as5QTBcqCMzA3ek0u0jYVtWIm7QBVZkgeC13hbspHRe10QLPGy&ref=Stavolta però, visto che il punto di partenza era più vicino e che il percorso si presentava meno ostico (solo 110 m di dislivello a salire, contro i 210 della volta prima), ho optato per un avvicinamento più comodo: auto fino alla stazione di Darfo-Corna in tempo per prendere il treno R 922 delle 10.12, quello successivo rispetto a quello utilizzato per arrivare a Edolo.
L’idea originaria era di approfittare della toilette del treno e poi prendere un caffè a Capo di Ponte prima di cominciare a pedalare, ma nel frattempo il richiamo della natura si fa sempre più pressante (l’età...) e così svolgo entrambe le funzioni al bar della stazione, poi è ora di aspettare il treno, che come previsto è uno dei moderni ATR.125.
Stavolta punto dritto sullo spazio bici, che però è già occupato da due MTB che ingombrano anche il passaggio per raggiungere lo spazio invalidi che avevo già utilizzato. Una rapida ricerca e individuo i proprietari, una coppia di turisti tedeschi più o meno della mia età; lui gentilmente sistema la bici in modo da farmi passare e una volta sistematomi scambiamo due parole (per mia fortuna parlano benissimo italiano); scopro così che sono diretti a Edolo e intendono ridiscendere la valle fino a Lovere, sulla sponda bergamasca del lago d’Iseo. Chapeau! Sono più di 60 km, con in più le contropendenze del primo tratto. Cerco di metterli in guardia, suggerendo di aggirare il tratto più brutto percorrendo la statale, ma mi rassicurano di conoscere il percorso per esserci già stati in precedenza. Rinnovo i complimenti e mi godo il resto del breve viaggio.
A Capo di Ponte imbocco la discesa su via Stazione, un viale alberato con la prospettiva sulla Pieve di San Siro, una chiesa romanica dell’XI-XII secolo (informazioni avute dal turista tedesco; è imbarazzante come riescano a conoscere le attrazioni del nostro paese meglio di noi),
e dopo aver attraversato l’Oglio su un ponticello ciclopedonale
mi inerpico per qualche metro nei vicoli acciottolati della frazione Réla
poi mi volto brevemente per una panoramica
e finalmente imbocco il percorso indicato, in leggera discesa e su un’alternanza di sterrato scorrevole e asfalto un po’ ruvido.
Dopo neanche 3 km, primo strappetto in salita per riguadagnare una ventina di metri scarsi, fino a un incrocio, dominato dal massiccio della Concarena (2500 m) seminascosto dalle nuvole, dove l’itinerario è ben segnalato.
Un paio di centinaia di metri ed ecco la seconda e ultima contropendenza, un po’ più lunga e ripida della precedente (ma tanto me le faccio a spinta entrambe),
che porta all’attraversamento del torrente Blè, praticamente poco più di un guado sommariamente tombato.
Da qui in poi è tutta discesa, inizialmente ripida e un po’ sconnessa, fino al livello del fiume, fra Cerveno e Losine.
Il percorso è gradevole e tranquillamente pedalabile, solo con qualche dolce saliscendi sotto l’abitato di Losine,
per poi riadagiarsi nel fondovalle a livello del fiume.
All’altezza di Breno, ma a quota sensibilmente minore, si attraversa l’Oglio su un ponte sospeso e si prosegue in riva al fiume. Oltre che da ciclisti (ne ho già incontrati alcuni), la zona è frequentata anche da appassionati di equitazione.
Il percorso alterna tratti ricavati da preesistenti stradine secondarie e altri di nuova costruzione, sempre con pendenze minime e senza mai scostarsi dal fiume.
Poco prima di Cividate Camuno, una sorpresa: una galleria ciclopedonale, peraltro ben illuminata, mi offre il destro di sfoggiare la potenza del mio faretto da 350 lumen.
All’uscita, dopo un arco che non può non ricordarmi quello dell’impiccagione del fratello di Armonica in “C’era una volta il West”,
un piccolo belvedere offre una bella panoramica sul paese.
A questo punto non è ancora mezzogiorno e mi concedo una breve deviazione per una divagazione fotografica: attraverso il ponte di legno dedicato ai Marinai d’Italia (accanto al quale una lapide ricorda i nomi di quattro ragazzi partiti da questi monti per morire nelle acque di Capo Matapan o dell'Asinara) che collega Cividate a Malegno
e raggiungo la stazione comune ai due paesi, dove stazionano i treni cantiere impiegati nei lavori che richiedono l’interruzione di questo breve tratto di linea dal lunedì al venerdì.
La locomotiva della seconda foto è un pezzo di storia, una ex V 200 tedesca, costruita intorno alla metà degli anni cinquanta (come me) per sostituire la trazione a vapore in testa ai treni più veloci.
Da qui in poi la valle è molto più larga e il percorso scorrevole, a tratti gradevolmente ombreggiato, visto che finalmente il sole sta facendo capolino dal cielo grigio.
Dopo aver costeggiato il grande ospedale di Esine, principale polo sanitario della valle, riattraverso l’Oglio e ripercorro un tratto di ciclovia che avevo già fatto qualche anno fa, prima costeggiando la ferrovia
e poi in riva al fiume.
A questo punto nella mia pianificazione ho un po’ esagerato: per seguire più da vicino il fiume, invece di costeggiare il rilevato della statale sul percorso ufficiale, ho tracciato una variante che però si rivela tutto meno che liscia e scorrevole (e per di più il fiume non si vede nemmeno per sbaglio!),
ma dopo tutto la biciclettona l’ho comprata proprio per questo genere di strade, no?
Ritrovo infine l’asfalto ai piedi del colle del Castelletto
e ormai comincia a essere ora di mettere le gambe sotto il tavolo. Apro Google Maps per vedere che cosa c’è nei dintorni: appena dietro il colle c’è Boario, non dovrebbe essere un problema.
E invece no: praticamente tutti i ristoranti e trattorie segnalati nei dintorni sono chiusi di domenica e i pochi aperti, o sono lontani o sono alberghi!
Ormai manca veramente poco a Darfo, dove ho lasciato l’auto, e sulla strada sembra esserci una pizzeria aperta (meglio di niente), quindi proseguo. Altra delusione: la pizzeria è chiusa e sembra abbandonata da tempo (Google, aggiornati!), in compenso c'è un bello scorcio sul lungofiume
e anche un bel colpo d’occhio sul ponte ferroviario. Mancano pochi minuti al transito del R 940 per Edolo, sarebbe un delitto sprecare l’occasione…
Ultimo attraversamento del fiume, un breve tratto sulla sponda opposta
e poi riprendo la ricerca, ma scopro che purtroppo Darfo offre ancora meno opportunità di Boario e dopo aver inutilmente vagato per una ventina di minuti non mi resta che il Caffè Italia, di fronte alla stazione (non quello della mattina, perché nel frattempo ha chiuso…), per una triste piadina e un’acqua minerale.
Da notare che l’acqua minerale Maniva viene dalla fonte omonima di Bagolino, a quasi 130 km di distanza (o 50 ma con in mezzo un passo alto 1600 m), quando lo stabilimento Ferrarelle di Boario ne dista poco più di 2: misteri della logistica…
Riassumendo: un giretto di 30 km, comodamente accessibile col treno, nessuna difficoltà tecnica insormontabile, bei panorami: ci si potrebbe tornare, però con l’accortezza di evitare la domenica, o portarsi i panini da casa!
Vittorio