Riprendendo le mie elucubrazioni sulla fisica della bici vorrei esaminare questa volta la resistenza al rotolamento, valutare come influisce sulle prestazioni e fare qualche osservazione sulla pressione degli pneumatici. E’ un argomento che dovrebbe interessare tutti perché, al contrario della resistenza aerodinamica, che è impalpabile , questa è invece più facilmente avvertibile.
È un’altra puntata sugli attriti che sono i veri nemici del ciclista. Ricordo che gli attriti generano forze che si oppongono al moto e, nella bici, sono sostanzialmente i seguenti:
- resistenza per attriti meccanici interni della bici,
- resistenza aerodinamica (ne abbiamo parlato
QUI),
- resistenza di rotolamento.
E di quest’ultimo parleremo provando a quantificare i suoi effetti sulla marcia. Va detto subito che l’attrito volvente è necessario. Senza di esso infatti le ruote non riuscirebbero a trasmettere alla strada la nostra forza e pattinerebbero inesorabilmente al primo tentativo di pedalata. E senza di esso sarebbe come andare sul sapone impossibilitati ad affrontare qualsiasi curva (grip). Quando però è eccessivo diventa un freno ai movimenti. Le variabili in gioco in questo attrito sono molte ma legate solo a due aspetti generali: il fondo stradale e le caratteristiche tecnologiche dello pneumatico. La legge generale che calcola la resistenza all’avanzamento per rotolamento è la seguente:
Ra = f x P, dove
f è il coefficiente di attrito volvente e
P è la forza peso complessiva che agisce sul terreno. Sul peso c’è poco da fare; le masse, nostra e della bici, sono quelle che sono e non possiamo farci niente salvo una buona cura dimagrante, che varrà però per la prossima volta

. Il coefficiente
f invece è un termine molto complesso e rappresenta l’oggetto di studi e sperimentazioni sugli pneumatici. I produttori seri solitamente informano circa l’assorbimento di energia dei loro prodotti.
Prima di impiccarsi con numeri vorrei provare a descrivere cosa accade a una gomma carica quando rotola. Lo pneumatico caricato si deforma generando un’impronta a terra pressapoco ellittica. Questa impronta è simmetrica rispetto il piano verticale trasversale alla ruota solo quando questa è ferma ma, quando va in rotazione, l’ellisse tende deformarsi assumendo una forma vagamente a goccia con la parte più larga verso il senso del moto, più o meno così:

spostando in avanti il suo baricentro di un valore
‘b’.
Quest’altra figura prova a descrivere ciò che accade alla cinematica della ruota:

La reazione vincolare del suolo
Rv (e uguale a –
P) si applica nel baricentro dell’impronta a terra. Se il baricentro si sposta del valore
b dall’asse verticale che va dalla strada al mozzo, lo fa anche
Rv, generando un momento
Mv contrario alla rotazione. Questo momento, a sua volta, genera una forza virtuale
Ra di direzione opposta a quella dell’avanzamento. L’intensità di questa forza è pari a:
Ra = Rv x b/r. Maggiore sarà la velocità più avanti si sposta il baricentro dell’area di contatto (parliamo di valori che vanno da 1 a 5/6 mm) e, all’aumentare di
b, più alta sarà la resistenza.
Da notare che le ruote piccole sono più penalizzate rispetto le grandi essendo la forza resistente inversamente proporzionale al raggio della ruota (argomento già dibattuto sul forum). Se prendiamo come riferimento una ruota da 20”, l’
Ra di una ruota da 26” sarà pari al rapporto dei raggi (10”/13”) che è 0,77. In una ruota da 26” Ra risulterà quindi il 23% inferiore a quello di una ruota da 20” a pari velocità. Su una bici da 28” siamo al 28,6% in meno. Non è poco!
E questo è l’unico vero aspetto che penalizza nelle prestazioni una bici con le ruote piccole.
In figura i colori della gomma vicino al suolo descrivono invece lo stato della gomma. Il colore rosso indica che le fibre del pneumatico sono messe in compressione al contatto col suolo (la gomma si schiaccia), mentre andando verso il giallo le fibre tornano a distendersi sino all’uscita dal contatto col terreno. L’effetto di questa deformazione è simile a quello che si ha schiacciando e rilasciando continuamente una pallina di gomma con la mano. Per continuare questo gesto dobbiamo metterci forza e far fatica; in sostanza: ci richiede energia! Questo tira-molla (per gli eruditi ‘isteresi’) non solo assorbe lavoro ma ha un altro effetto che molti avranno notato: scalda la gomma. Se, dopo una discesa fatta senza pedalare ne frenare, tocchiamo la gomma la sentiremo calda.
È facile calcolare l’area dell’impronta a terra conoscendo la pressione dello pneumatico. Per mera curiosità prendiamo una gomma gonfiata a 6 bar (6,12 kg/cm2 circa) e ci mettiamo sopra un ciclista di 70 kg con bici da 10 kg. L’impronta a terra delle due ruote sarà complessivamente 80/6.12 = 13,07 cm2. Se le stesse gomme fossero invece gonfiate a 3 bar (la metà) l’impronta raddoppierebbe la sua superficie. A tal proposito può interessare sapere che gli pneumatici di sezione maggiore, a parità di pressione di gonfiaggio, sono meno esosi in termini di resistenza. Questo è dovuto al fatto che hanno un’impronta a terra uguale come superficie a una gomma stretta ma meno ellittica e più tendente al circolare, quindi più corta e con spostamenti
‘b’ meno accentuati. Per questo motivo le gomme di sezione maggiore richiedono minor pressione di gonfiaggio a parità di resistenza al moto.
Detto questo come si fa a quantificare la resistenza al moto dovuta al rotolamento? Tutto sta nel trovare il coefficiente di attrito volvente
f. In realtà non vi è una formula fisica precisa che lo determini. Sono troppe le variabili in gioco e soprattutto instabili. Dipende per esempio dalla mescola con cui è fatto lo pneumatico, dalla sua scolpitura e dimensioni. Ma anche dai diversi tipi di fondi stradali e le loro condizioni. E’ un po’ una materia da stregoni. Esistono però una serie di formulette empiriche ricavate sulla base dell’esperienza di produttori di pneumatici e istituti di ricerca. A titolo di esempio ne riporto una, tratta da una dispensa di Locomozione della Facoltà d’Ingegneria dell’Università Roma, che dice:
f = f0 x (1 + v/44,8) dove
v è la velocità in m/sec e
f0 il coefficiente di attrito tra materiali e dipende dallo stato e dal tipo di fondo percorso.
f0 è ricavabile dalla seguente tabella:

E ora l’immancabile esercizio. Prendiamo una bici di 10 kg, con ruote da 20”, pedivelle da 170 mm, rapportata 52/14 (rapporto di trasmissione complessivo 0.18). Preso un ciclista di 70 kg che avanza a 20 km/h (5.56 m/sec) vediamo quanta forza sui pedali gli richiede l’attrito di rotolamento. Non serve suddividere il peso tra ruota anteriore e posteriore perchè i comportamenti sono lineari e gli effetti si sommano. Con la nostra formula posto
f0 = 0,01 ne deriva che:
f = 0,0112. Applicando ora la
Ra = f x P vista all’inizio si ha
Ra = 0,896 kgf che tradotto in sforzo efficace sui pedali, vale circa 4.97 kgf (sforzo max di circa 7.82 kgf). Naturalmente lo sforzo cala con l’uso di rapporti più agili.
Ho riportato nel seguente diagramma il grafico della formula, con in ascissa la velocità e in ordinata lo sforzo resistente
Ra in kgf.

Come si può vedere la resistenza per rotolamento non cambia moltissimo al variare della velocità.
Sino ad ora però abbiamo ragionato in condizioni ideali utilizzando gomme gonfiate al valore nominale. I guai arrivano quando la gomma non è ben gonfia. I sacri testi riportano che una gomma con pressione all’80% del nominale, moltiplica da 2 (gomme a larga sezione) sino a 3 volte (gomme molto strette) f0, che vuol dire raddoppiare o triplicare la resistenza al moto. Sotto il 50% della pressione nominale oltre ad aumentare enormemente l’attrito (circa 5 volte), si innescano anche fenomeni di instabilità in curva che possono diventare pericolosi e far sbandare.
Ultima considerazione: il consumo della gomma è proporzionale alla sua pressione di gonfiaggio. Ogni 10% in meno della pressione sul nominale, il consumo aumenta del 15/20%. Mal contati:
mezza pressione è uguale a mezza durata. C’era da aspettarselo visto quanto detto prima parlando di impronta a terra.
Conclusioni. Se vogliamo una bici scorrevole, oltre a una buona qualità della gomma, dobbiamo soprattutto rispettare alla lettera i valori di pressione indicati dal costruttore e riportati sugli pneumatici. Con le gomme sgonfie triplicare lo sforzo sui pedali è un attimo e non parliamo di inezie. Immagino che tutti abbiamo riscontrato di persona cosa voglia dire pedalare dopo aver ben gonfiato le gomme. Sembra di volare…

Ora non resta che mettere assieme tutte le considerazioni fatte sino ad oggi per capire gli sforzi complessivi richiesti dagli attriti. Sarà però per una prossima volta. Ciao a tutti.