Vista la non più rara applicazione sulle bici pieghevoli, mi sembra interessante fare qualche considerazione sui freni a disco. Sull’argomento, un po’ di cose le conoscevo e altre le ho imparate curiosando qua e là. La storia di questo tipo di freno interessa un po’ tutti i veicoli (auto, treni, aerei) e, in tantissimi settori, il freno a disco è rimasto monopolista. Introdotto per la prima volta in Francia nel 1955 su un veicolo commerciale dalla Citroen (la DS), seppure accolto con diffidenza, oggi è utilizzato nella quasi totalità dei veicoli del settore automobilistico. Sulle motociclette esordì negli anni ’70, quando l’Innocenti montò un equipaggiamento Campagnolo sulla mitica Lambretta (TV200). Da allora la sua diffusione è cresciuta in modo esponenziale diventando monopolista in tanti settori del trasporto. Sulle bici questi dispositivi fecero la loro comparsa nel 1997 quando, negli Stati Uniti, le prime mountain bike furono dotate di sistema frenante idraulico a disco dell’Hayes Mag. I freni a disco sulle bici, per la verità, hanno trovano largo uso solo sulle MTB. Quest’anno l’UCI (Union Cycliste Internationale) ha autorizzato il loro uso anche sulle BDC nelle gare ufficiali. Questa decisione probabilmente innescherà la corsa a montare freni a disco da parte di tanti cicloamatori anche se, e lo vedremo dopo, per farlo sarà necessario cambiare il telaio della bici se non già predisposto. Per quanto riguarda le nostre pieghevoli, in particolare quelle a basso costo, le prospettive, a mio parere, non sono altrettanto favorevoli per una tutta una serie di ragioni. Resta comunque il fatto che marche come Birdy, Dahon, Strida, Tern e altre case li montano, anche se limitatamente ai modelli top di gamma. I cinesi ormai li hanno adottati anche su bici più economiche.
Come funziona un freno a disco.I freni a disco oggi in uso sono di tre tipi: idraulici, pneumatici e meccanici. Il tipo pneumatico è montato solo su camion e treni. Solo loro possono permettersi di portarsi dietro un pesante compressore per produrre l’aria che li faccia funzionare. Sulle bici troviamo gli idraulici e i meccanici. In questo schema è visibile il principio di funzionamento:
E’ abbastanza facile da capire. Il disco (rotore) è solidale alla ruota e gira con essa. La pinza è invece montata sul telaio e resta ferma. Quando si agisce sul freno, le pastiglie sono spinte a contatto col disco e, per attrito, ne provocano l’arresto. Il movimento delle pastiglie è generato, nel sistema idraulico, dall’olio che è spinto ad alta pressione in un pistoncino presente nella pinza e che, a sua volta, schiaccia le pastiglie contro il disco. Collegato alla leva del freno, è presente un piccolo dispositivo (pompante) che amplifica la forza esercitata dalla leva stessa portando ad alta pressione il fluido. In questo freno quelle che sembrano guaine in realtà sono dei tubicini che portano l’olio dal manubrio alla pinza freno. Nel sistema meccanico tutto avviene tramite leveraggi posti sulla pinza e lo sforzo è trasmesso dalla leva tramite un normale cavo di acciaio identico a quello che tutti conosciamo. Nello schema è visibile il sistema idraulico ma il principio è valido anche per il sistema meccanico. Nelle seguenti foto invece sono mostrati un esempio di freno idraulico e uno di tipo meccanico, dove è visibile il cavo di azionamento.
Qualche cenno sui materiali. I rotori di qualità sono solitamente in acciaio a tre strati. L’anima dei rotori è in acciaio al carbonio mentre le superfici a vista sono sottili lamine di acciaio inox. Quelli di qualità inferiore sono interamente in acciaio inox. I diametri dei dischi più comuni sono 140-160-180 mm. Vi sono anche dischi di maggior diametro per usi particolari (tipo gravity e downhill) che possono arrivare oltre i 200 mm. Maggiore è il diametro, più alta sarà la coppia frenante. Le pastiglie sono solitamente gusci d’acciaio con, all’interno, placchette di materiale di attrito costituito da sinterizzati di materiale organico. Le mescole solitamente sono composte di resine, gomma e polimeri tra cui il kevlar. Ne esistono anche con materiale di attrito metallico (acciaio, rame e grafite) per usi competitivi.
Vantaggi e svantaggi dei freni a disco.Rispetto ai più conosciuti freni a calipers, V-brake, cantilever, etc. che agiscono sul cerchione, i freni a disco hanno una serie di vantaggi:
- Maggior potenza di frenatura, in particolare con il sistema idraulico.
- Miglior modulazione della frenata. Anche in questo caso l’ideale sono i freni ad azionamento idraulico, dove basta un dito e uno sforzo minimo per avere già una frenata efficace, ma anche i meccanici hanno un’ottima efficienza con uno sforzo limitato.
- E’ molto difficile il bloccaggio accidentale della ruota, specialmente ad alte velocità.
- Vi è miglior dissipazione del calore generato dalla frenata, anche grazie ai numerosi fori di aerazione presenti sui rotori. Attenzione però di non toccare i dischi con qualche parte del corpo, specialmente dopo le discese, se non si vuole restare ‘tatuati’ per lungo tempo.
- Stabilità della frenata in tutte le situazioni. In particolare con i dischi non esiste il fenomeno del ‘fading’, cioè la perdita di efficienza dell’impianto frenante dovuta al surriscaldamento dei cerchioni e dei pattini d’attrito. I freni a disco sono, infatti, molto stabili e, anche ad alte temperature, non perdono potere di arresto.
- Nessun riscaldamento del cerchione. Questo rappresenta un vantaggio notevole in discesa dove, con i freni tradizionali, si possono avere danni alle camere d’aria dal calore trasmesso dai cerchioni.
- Non vi è usura del cerchione, da apprezzare soprattutto con quelli costosi in carbonio.
- Insensibilità all’umidità e all’acqua del potere frenante. Anche con dischi bagnati la frenata resta efficace, cosa che invece non accade con la frenatura al cerchione.
- Minor sensibilità allo sporco. Questo vale in particolare per le MTB che sguazzano nel fango abitualmente e che, vedi caso, sono quelle che più utilizzano i freni a disco.
- Minor sollecitazione sui raggi della ruota. Questo non è tanto facile da spiegare e proverò a farlo aiutandomi con questo schema:
Durante la normale marcia i raggi della bici posti tra il mozzo al suolo (raggi blu) vanno in compressione e, per l’equilibrio delle forze, in trazione quelli nella parte superiore della ruota (raggi rossi). Quando si usano i freni tradizionali, la forza frenante Ff è esercitata tangenzialmente al cerchione e l’inerzia della bici si scarica sul centro della ruota (forza Fi) creando uno stato di trazione addizionale che interessa i raggi vicini ai pattini (in verde). Alla lunga questi stress di trazione e compressione alternati tra loro deformano il raggio facendogli perdere il pretensionamento di origine. In sostanza, con il tempo, i raggi si allungano e si allentano. Ovviamente non è fenomeno che si manifesta dalla mattina alla sera, ma nel lungo periodo può capitare. Le conseguenze possono essere la deformazione del cerchione o la rottura dei raggi per fatica. Per questo non è mai sbagliato controllare, ogni sei mesi, la tensione dei raggi semplicemente tirandoli con la mano. Con i freni a disco questo stress addizionale non c’è. Poiché il freno a disco agisce direttamente sul mozzo della ruota, lo sforzo di frenatura interessa tutti i raggi contemporaneamente, distribuendo gli sforzi in modo uniforme, provocando stati di tensione inferiori. Spero di essere stato chiaro.
Per contro i freni a disco hanno anche qualche svantaggio:
- La manutenzione non si presenta così banale. I giochi di questi freni sono decimali e la regolazione della distanza pastiglia-disco deve essere precisa.
- Smontare e rimontare la ruota è più difficile che non con i freni tradizionali. Oltre al tempo maggiore per l’operazione è necessario verificare che il freno resti ben regolato. Questo è il motivo per cui molti corridori ancora non usano il freno a disco. In caso di foratura è necessario il cambio della bici e non della semplice ruota per non perdere troppo tempo. Un meccanico provetto cambia una ruota in trenta secondi ma con i freni a disco occorrono uno o due minuti. E questo è inaccettabile in gara, ma anche noioso per qualsiasi amatore con gomma bucata.
- Nei freni idraulici l’olio va tenuto d’occhio poiché, essendo molto igroscopico, tende ad assorbire l’acqua che, se finisce nel circuito, vaporizza col calore facendo perdere potere frenante. Ogni tanto quindi serve uno spurgo.
- Pastiglie e rotori devono essere sempre puliti. Mettere in contatto dischi e pastiglie con oli o liquidi aggressivi è deleterio per la frenata. Per questo niente spruzzate allegre di WD40 o oli catena!
- Le lunghe frenate in discesa possono provocare la ‘vetrificazione’ delle pastiglie di materiale organico. In sostanza dell’indurimento della superficie di contatto. Questo fenomeno causa una riduzione del potere frenante, anche se si risolve con un banale passaggio di carta vetrata sulla superficie delle pastiglie stesse.
- Il peso di un sistema frenante a disco è superiore di quello degli altri tipi. La differenza non è enorme ma c’è.
- Costo superiore agli altri sistemi frenanti.
Sostituire l’impianto frenante esistente con uno con freni a disco.Qui vado a esprimere la mia opinione che va presa come tale. C’è chi l’ha fatto. In giro ho visto foto anche di Brompton dotate di freni a disco. Personalmente non sono favorevole. Farlo richiede tante e tali modifiche da renderlo difficile oltre che costoso. In alcuni casi direi che è impossibile. I mozzi commerciali atti a ricevere i freni a disco misurano nella stragrande maggioranza dei casi 100 mm sulla forcella e 135 mm nel carro posteriore (sui mozzi deve tornare anche il numero dei fori per i raggi).
Sono poche le pieghevoli nate con entrambe queste misure. E’ facile trovare forcelle da 100 mm ma i carri posteriori di solito sono 130 mm. Montare questi mozzi richiede l’allargamento dei carri posteriori e questa non è una cosa consigliabile. Dahon e Brompton hanno poi forcelle da 74 mm e per montare i freni a disco serve cambiarle. Per le bici da 20” è abbastanza facile, ma per le 16” molto meno. C’è poi il problema dei cambi al mozzo. Sono pochissimi quelli dotati di attacco per i dischi come il Rohloff. Infine c’è il problema degli attacchi delle pinze sui telai e le forcelle. Se non ci sono, devono essere saldati alle strutture e farlo, con la precisione richiesta che non è poca, è difficile. E’ necessario inoltre riflettere sul fatto che le pinze trasmettono forze rilevanti e, se telaio e forcella non sono preventivamente calcolati per sopportarle, alla lunga si possono avere danni. Va anche tenuto conto che, essendo pinze e dischi posti su un lato della bici, in fase di frenatura, ci si deve aspettare torsione del telaio se questo non è opportunamente dimensionato. Ho visto anche soluzioni posticce con attacchi per le pinze da applicare tramite clamp o fascette. Qui un esempio:
Ammesso che si adattino alla bici, con le forze in gioco temo che col tempo danneggino i telai e le forcelle o possano muoversi dalla posizione ideale facendo lavorare male le pinze. In sostanza, a mio parere, se la bici nasce con i freni a disco ok, montarli in un secondo tempo è sconsigliabile salvo che telaio e forcella siano già predisposti. I freni idraulici in particolare si prestano ancor meno perché i tubi dell’olio, piuttosto rigidi, non appaiono molto adatti alle continue piegature della bici se non ben studiati. Se si sciancano, non si frena più.
ConclusioniI freni a disco offrono, secondo l’opinione generale e dai test effettuati, miglioramenti nella frenata della bici. Il loro utilizzo è raccomandabile per uso agonistico e laddove le prestazioni sono elevate. Per quanto riguarda le nostre amate pieghevoli, a mio parere, la loro adozione è utile ma non certo indispensabile. Le prestazioni fornite da queste bici sono più modeste e, nel normale uso, non richiedono frenate esasperate che, anche dovessero capitare, si possono fare anche con dei buoni freni tradizionali. Solo in discesa il loro uso può fare la differenza. Il loro costo inoltre farebbe lievitare i prezzi delle bici in un mercato già esasperato. Un kit di freni idraulici costa da 50 fino a ben oltre i 300 euro mentre quelli meccanici vanno da una trentina di euro a salire. Ne esistono anche di più economici ma la qualità è da verificare. Giusto per un raffronto un paio di V-brake parte da 10 e arriva oltre i 100 euro. Personalmente trovo giusto quello che dicono gli esperti: “Meglio degli ottimi V-brake che dei freni a disco meccanici scadenti”. Credo quindi che noi pieghevolisti possiamo continuare ad andare tranquilli con i nostri freni come abbiamo sempre fatto. Per chi deve comprare la bici nuova, la presenza di freni a disco rappresenta un plus, ma non è poi così importante. Ci sono altre cose che vengono prima. Ciao a tutti.