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Autore Topic: bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)  (Letto 52136 volte)

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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #30 il: Ottobre 04, 2012, 02:48:24 pm »
Di Jacopo Fo:

La crisi è mentale, i politici onesti non bastano a salvarci.
Serve un nuovo modo di vivere.

Necessitano idee nuove, opporsi allo sfacelo non basta.
Mentre lo scandalo della regione Lazio aggiunge una bella patacca sulla camicia bianca della Casta, sono a recitare a Putignano, vicino a Bari. Ieri sera ho partecipato alla presentazione del libro “Salva i ciclisti” di Pietro Pani  (pseudonimo di Paolo Pinzuti) e mi sono trovato di fronte il sindaco Angelini De Miccolis. E l’assessore regionale alla mobilità, Minervini. Il primo stupore è stato sentire due politici che parlano come persone normali e affrontano problemi concreti. La seconda piacevole sorpresa è stata di trovarsi insieme a disegnare una strategia per il movimento progressista fuori dai soliti schemi mentali.

Il discorso è partito da un tema apparentemente vanesio (ma quant’è bello andare in bicicletta…) arrivando a dimostrare che lo sviluppo delle piste ciclabili ha un impatto globale sulla società.
La sto sparando grossa. So che i miei cari detrattori, tra i lettori di questo blog, già gongoleranno, pregustando il piacere di distruggermi facilmente.
Mi espongo a questo certo discredito perché penso che sia necessario sviluppare un nuovo modo di ragionare sui cambiamenti sociali.
La politica corrotta è il frutto di un albero. Se vogliamo fermare la corruzione una legge più severa non basta. Bisogna cambiare la qualità del terreno dove l’albero cresce.
Servono nuovi comportamenti che producano idee e emozioni diverse.

Viviamo nella cultura dell’auto. Che non è solo un mezzo di trasporto, è anche un feticcio. L’auto è una bolla privata, un simbolo di libertà e potere.
Pinzuti racconta che l’italiano spende mediamente 6mila euro all’anno per l’auto, l’assicurazione, la benzina… una cifra enorme rapportata a un reddito medio. L’auto quindi è una scelta che ha un impatto fondamentale sull’economia familiare. L’auto si porta dietro comportamenti come la spesa all’ipermercato e il turismo di massa (con i centri turistici ingorgati come le città).
Inoltre l’industria automobilistica è la prima acquirente di pubblicità, quindi gode di grande considerazione nei media. E influenzando i media le case automobilistiche hanno grande peso politico. E la corruzione ha grufolato negli appalti per costruire le autostrade.

In Italia la lobby della Fiat ha determinato scelte strategiche: costruire autostrade invece di ferrovie, lasciar languire il trasporto fluviale e marittimo.
E c’è pure un danno derivato dai costi di un sistema trasporti basato sulle autostrade. Spedire, in Italia, costa un’enormità proprio per questo.
Il sistema auto comporta pure immensi costi umani e sanitari visto che l’auto rende l’aria irrespirabile. Anni fa Rubbia colcolò che per ogni litro di combustibile bruciato in città si provocavano spese sanitarie per 1.600 lire.
E gli incidenti d’auto costano 30 miliardi di euro all’anno.
Pinzuti aggiunge che l’enorme numero di auto provoca anche un traffico urbano congestionato e quindi un’enorme perdita di tempo e di competitività che calcolata in 45 miliardi all’anno nella sola Italia.
Infine il sistema auto è strutturalmente aggressivo: i ciclisti rischiano grosso anche fisicamente (firma la petizione “Salva i ciclisti” che richiede la riduzione a 30 kmh dei limiti di velocità urbani).

Ma quando si parla di cambiamenti strutturali si accenna raramente agli utili sinergici dell’innovazione.
L’economia italiana è come un atleta che corre con le catene ai piedi e coperto di sanguisughe (una cosa disgustosa). Gli economisti ci dicono quanto denaro queste sanguisughe succhiano. Quanto rallentano le catene… Si parla di 500 miliardi all’anno, tra burocrazia, dissesto della giustizia, spreco, irrazionalità, evasione fiscale, corruzione e mafie. Ma nessun economista  è in grado di dire che cosa succederebbe se il nostro atleta potesse correre liberamente.
Sicuramente potrebbe correre più veloce, ma potrebbe anche vincere.

Se vogliamo un’Italia decente dobbiamo partire dalla critica strutturale al sistema e dai particolari “secondari”.
La politica tradizionale considera questioni di contorno la mobilità sostenibile, le case ecologiche, i gruppi di acquisto, le banche del tempo, la formazione professionale, la cooperazione, il riciclo e il riuso (www.reoose.it) e la razionalizzazione del sistema.
Per fortuna sempre più persone decidono di impegnarsi su questo terreno. Milioni di persone.
E se l’Italia ancora regge e uscirà dalla crisi lo dobbiamo più a questa enorme massa di volontari e alla loro rete di economia alternativa che alle timide (ma necessarie) riforme del governo Monti.
Pedalare sempre, pedalare tutti!

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/29/l%E2%80%99orgia-del-potere-e-biciclette/367888/
Lorenzo - Tern Link P9

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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #31 il: Novembre 25, 2012, 11:43:03 pm »
Solo negli ultimi 40 anni la produzione di biciclette nel mondo è cresciuta del 300%, molto più velocemente di quella dell’automobile (www.worldometers.info). Oggi nella sola Parigi l’esperimento del bike sharing Vélib già non è più un esperimento: 100.000 persone al giorno utilizzano il servizio. E così a Boston, come in altre città del mondo: Montgomery, Vancouver, Philadelphia, per fare riferimento a realtà oltreoceano.

Il concetto di bici in duecento anni non è cambiato molto, ma oggi il mondo comincia a rendersi conto che la bicicletta può essere messa al centro di nuovi modelli di sviluppo della città e della sua mobilità. E i motivi sono differenti.

Partiamo dalla riduzione del costo delle infrastrutture. L’incremento della densità abitativa delle città, il traffico, il sovraffollamento riducono gli spazi fisici di movimento dei cittadini. La bicicletta permette di lasciare praticamente invariata la rete stradale, più che sufficiente ad un traffico poco ingombrante, leggero e silenzioso.

Passiamo all’enorme costo dei carburanti, o in generale di energia. I costi di gestione ridottissimi per chi utilizza bici e mezzi pubblici in modo intelligente ed integrato consentono grandi capacità di spostamento ai cittadini. E la possibilità di risparmiare denaro altrimenti speso, giorno dopo giorno, per restare imbottigliati nel traffico.

Rilevante anche la riduzione dell’impatto ambientale. Perché la bici non consuma carburante, non brucia oli e sostanze nocive, contribuendo alla riduzione delle emissioni in atmosfera. Emissioni che prima di tutto ci respiriamo in città.

Il benessere fisico fa la sua parte: la bicicletta fa bene ai muscoli. Movimento e attività fisica sono per l’uomo alla base di un buon quadro clinico. L’obesità è infatti uno dei disturbi più diffusi nella società contemporanea, dovuto soprattutto ad errata alimentazione e vita sedentaria. Ecco, in questo caso la bici aiuta a bruciare anche le peggiori abitudini alimentari.

E poi intervengono moda, tecnologia, design che nel mondo contemporaneo fanno spesso la parte del “leone”. Personalizzazioni estreme e “cool”, interventi estetici di grande bellezza, materiali leggeri ed ultraresistenti. Andare oggi in bicicletta non significa cavalcare 30 chili di ferro. Oggi pedalare una bicicletta affatica molto meno e ce n’è un modello per tutte le esigenze, anche negli accessori, nella comodità delle selle, nelle scelte di design e colore.

Anche l’adattamento delle infrastrutture fa la sua parte. L’integrazione bici-trasporto pubblico è oramai partita da tempo. L’esperimento è diventato un modello di crescita e molte città si stanno adeguando - in Europa motivate anche da pronunce ufficiali dell’Unione. E dove non arriva ancora il proprio Comune, arriva l’astuzia di chi compra la bici pieghevole, pratica, leggera, trasportabile in treno, autobus e metro. Se non bastasse esiste già la bici zaino (www.bergmoench.com/En/), fate un po’ voi.

C’è una bici anche per i pigroni. Le nuovissime e-bike costano sempre meno e sono ogni anno più efficienti. La predisposizione per la ricarica pubblica dei veicoli elettrici è anche questa in corso d’opera in molte città europee.

Lasciamo per ultimi i patiti. Perché per loro si sa, la bici è un cult. C’è un esercito crescente di entusiasti della bicicletta che sta facendo diventare tendenza un veicolo quasi dimenticato da intere generazioni di giovani. La cosiddetta customizzazione della propria bicicletta è più che una moda: contest, gare, esposizioni, meeting internazioni, festival cinematografici sulle due ruote più diffuse nel mondo sono all’ordine del giorno.

“Si, ok…” mi dice un amico. “Ma devo trasportare degli scatoloni, mi serve per forza la macchina, anche per fare solo un chilometro…”. Le cargo bike sono utilizzate come veicolo merci nei centri storici, a Roma e in altre città italiane ed europee, o americane, o cinesi, proprio per risolvere problemi logistici legati a consumi, parcheggi, multe, tempi di trasporto e non solo.

Con una cargo bike, oggi, si può fare un piccolo trasloco; con una pieghevole e i mezzi pubblici si può attraversare la città in tempi inferiori ad un’auto. Con la bici si può innescare un grande cambiamento per il futuro. Pedalare! (Vincenzo Nizza)

fonte: http://mobilita.ecoseven.net/bici/la-bicicletta-e-il-futuro-della-mobilita-ecco-il-perche

ci sono dei passaggi riguardanti la pieghevole, per cui Hopton deciderà la sezione giusta dove inserirla.

dal sito worldometers.com alcuni dati interessanti aggiornati naturalmente alla data ed orario attuale:

Current World Population 7,081,297,010

Cars produced this year 55,093,015

Bicycles produced this year 123,269,496

CO2 emissions this year (tons) 30,334,893,366
   
      
   


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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #32 il: Novembre 26, 2012, 08:12:00 pm »
Lorenzo come riesci a scovare tu articoli su mobilità, bici e pieghevoli non ci riesce nessuno!  ;)
Direi che visto che le pieghevoli sono menzionate ben due volte in questo articolo possiamo spostarlo nella sezione sulle pieghevoli.
Mario
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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #33 il: Febbraio 07, 2013, 11:34:34 am »
Biciclette in cambio di armi, accade in Uruguay



La piaga della diffusione delle armi ha ormai infestato l’intera America. Dato che la pericolosità è ben nota ed ormai le stragi sono all’ordine del giorno, in alcuni Paesi hanno deciso di passare al contrattacco. La mossa dell’Uruguay è decisamente di colore verde: donare una bicicletta a chiunque consegni le proprie armi. Lo ha deciso il governo del Paese sudamericano che ha già ricevuto molti complimenti per essere in grado di trovare soluzioni creative ai problemi interni.

Ed i risultati non sono mancati. L’iniziativa è stata denominata “Weapons for Life”, armi per la vita, ed è stata lanciata la scorsa settimana per contrastare il dilagare delle armi detenute in modo illegale ed i conseguenti omicidi che stanno aumentando su tutto il territorio nazionale. Nonostante si tratti di un Paese notoriamente tranquillo, di certo non è visto come uno dei pericolosi dell’area, è al nono posto nella classifica mondiale della detenzione di armi pro-capite. Una graduatoria che vede ovviamente gli Stati Uniti al primo posto (l’88,8% della popolazione detiene un’arma), mentre l’Italia è 53a. In pratica su una popolazione di 3,3 milioni di persone si contano circa un milione di armi da fuoco, metà delle quali non registrate.

Iniziative simili sono state intraprese, senza successo, anche negli USA ed in Australia, ma lì non ha tanto funzionato perché alle persone che consegnavano le armi erano stati dati soldi. In Uruguay invece si può scegliere tra una bicicletta o un computer di fascia bassa. Contropartite che sembra siano state apprezzate dalla gente.

Siamo lieti che il ministero stia finalmente intervenendo sulla questione ed avviando una campagna per scoraggiare il possesso delle armi. Effettuare questo scambio utilizzando un computer o una bicicletta non ha precedenti, ma è il benvenuto

ha affermato Gustavo Guidobono, presidente dell’Associazione per il disarmo dei civili. Un’iniziativa che fa bene due volte visto che un computer crea lavoro ed una bicicletta riduce lo smog e ne fa guadagnare in salute. Vedremo se anche in altre parti del mondo la penseranno allo stesso modo.

fonte foto: http://360degrees360days.blogspot.it/2012/03/uruguay-no-youre-guay.html
fonte: http://www.ecologiae.com/biciclette-armi-uruguay/64797/
fonte "rottasudovest": http://rottasudovest.typepad.com/rotta_a_sud_ovest/2013/01/uruguay-biciclette-e-computer-in-cambio-della-consegna-delle-armi.html
fonte ENG: http://www.treehugger.com/bikes/uruguayan-government-offers-bikes-exchange-guns.html
fonte ESP: http://www.telesurtv.net/articulos/2013/01/29/gobierno-de-uruguay-canjea-armas-por-computadoras-y-bicicletas-9642.html
« Ultima modifica: Febbraio 07, 2013, 11:49:32 am by NessunConfine »
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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #34 il: Marzo 08, 2013, 10:23:13 am »
[Padova] Bici e vestiti? Con i pezzi di scarto è boom dell’upcycling



PADOVA — Il termine inglese significa «scarto utilizzabile». L’acronimo, invece, sta per «Socializzare il cambiamento: riuso e arte nei parchi ». Sono queste le due facce di «Scrap», il progetto ecosostenibile lanciato dall’associazione La Mente Comune, che strizza l’occhio al recupero creativo di materiali esausti e danneggiati, attraverso la manualità e l’autocostruzione. Parole d’ordine insolite, eppure sempre più condivise: complice la crisi, molti giovani si avvicinano alla realtà dell’upcycling, il movimento culturale che impiega pezzi di scarto per realizzare oggetti di uso quotidiano come elementi di arredo, vestiti e bijoux. E da semplice passatempo, spesso, le loro attività si trasformano in occupazioni più o meno stabili. A Padova, La Mente Comune è ormai l’alfiere di questa nuova tendenza: l’associazione, nata nel 2009, conta oltre duecento iscritti, gestisce uno spazio all’ex Macello (comprensivo di officina e sartoria), e i sei membri del direttivo hanno un’età compresa tra i 25 e i 32 anni.

«Dal 2008 ad oggi, molte persone che hanno perso il posto di lavoro hanno deciso di dedicarsi all’arte e all’artigianato - conferma Matteo Lenzi, presidente dell’associazione -. Il nostro desiderio è quello di tutelare l’ambiente, favorire la partecipazione dei ragazzi, ridurre i rifiuti destinati alla discarica e riscoprire le capacità manuali. Finora, abbiamo organizzato soprattutto laboratori per oggetti di arredo da rifiuti: le attività sono alla portata di tutti, non solo degli specialisti ». Il progetto «Scrap», finanziato da Fondazione Cariparo e dal Settore verde di Palazzo Moroni, si appresta ad entrare nel vivo, con una serie di iniziative dedicate al parco Europa in via Venezia e all’ex Macello in via Cornaro. La prima fase, intitolata «Scrapedia», è scattata nel dicembre del 2012 e si conclude in questi giorni, con una serie di interviste a chi (come ex operai ed ex sindacalisti) ha assistito ai mutamenti più significativi dei due luoghi, dove un tempo sorgevano diverse attività di stampo industriale: le testimonianze serviranno per progettare adeguati interventi di recupero, e a settembre verranno raccolte in un libro di fumetti edito da Becco Giallo. «Vogliamo condurre un’indagine storica, per capire che tipo di intervento realizzare - spiega Matteo Lenzi -. Così potremo colmare le lacune della memoria storica cittadina, e divulgarle attraverso uno strumento serio ma accessibile».

In questi giorni parte anche la seconda fase del progetto («Scrapreduzione »), con tre workshop dedicati alla riqualificazione e alla produzione di eco arredi urbani per l’area dell’ex Macello, che risale al 1909: l’obiettivo è quello di rivitalizzare il parco didattico, realizzato negli anni ’70 dalla Comunità per le libere attività culturali (Clac). «Si tratta di un percorso naturalistico per bambini, che attraversa alcuni stagni e il mulino per lavorare la farina - afferma Melissa Morandin, segretaria dell’associazione -. Il recupero dei materiali esistenti verrà eseguito dai ragazzi che parteciperanno al workshop, tra cui ci sono anche molti studenti e laureati in Scienze naturali». Il 23 giugno, i riflettori si spostano sul parco Europa, dove si svolgeranno i primi campionati di «ciclomeccanica » del Veneto, aperti a venti squadre di esperti e principianti. Nel giro di quattro ore, i concorrenti dovranno riparare alcune carcasse di biciclette, che verranno poi valutate da un’apposita giuria: al termine della manutenzione dovranno essere non solo funzionanti, ma anche esteticamente accattivanti. Durante la giornata verrà anche realizzata un’installazione collettiva, che resterà in dotazione al parco, e le bici ricreate verranno messe all’asta per finanziare alcuni progetti di sviluppo locale nel sud del mondo, sostenuti dalla cooperativa Mani Tese. Dall’11 al 28 luglio, la «cattedrale» dell’ex Macello ospiterà «Scarpout», un’expo collettiva aperta ad artisti, artigiani, designer e creativi di ogni genere, chiamati ad esporre due opere a testa: il filo conduttore, ovviamente, sarà l’upcycling.

Alessandro Macciò

fonte: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2013/7-marzo-2013/bici-vestiti-pezzi-scarto-padova-boom-dell-upcycling-21265997073.shtml

Link: http://www.lamentecomune.it/
« Ultima modifica: Marzo 08, 2013, 10:24:47 am by NessunConfine »
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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #35 il: Marzo 10, 2013, 07:11:07 pm »
Radiobici, seimila chilometri  in cerca di business compatibile

Parte domenica da Milano la seconda edizione di «Radiobici», il programma di inchiesta itinerante che trasmette le sue interviste da un tandem multimediale. L'idea è del giornalista di Radio 105 Maurizio Guagnetti, che già l'anno scorso ha girato l'Italia per cinque mesi chiacchierando a bordo della sua bici con 160 ospiti tra sindaci e persone comuni. Le interviste sono state trasmesse via radio e sul web (da Corriere.it e Gazzetta.it).

Quest'anno il tour sarà tematico: Guagnetti andrà a caccia di «storie di sostenibilità». Cercherà imprenditori che hanno inventato modi di fare business compatibili con il rispetto dell'ambiente, stili di vita a impatto zero adottati dai cittadini, idee per uscire dalla crisi legate alla tecnologia e all'ecologia. Sul sito Radiobici.it ci saranno dei video racconti settimanali con i risultati dell'inchiesta. Sullo sfondo non manca l'occhio per i percorsi ciclabili più interessanti: Guagnetti li scoverà e li filmerà. Quest'anno ci saranno anche ospiti vip: musicisti e attori pronti a esibirsi pedalando. L'esperto d'arte Philippe Daverio, poi, farà da guida speciale per alcune visite a siti culturali e a monumenti. «E chissà che il modello del turismo slow in bicicletta possa ispirare anche qualche iniziativa per Expo», provoca. Il tour di seimila chilometri di «Radiobici» durerà fino a luglio: il rientro è previsto sempre su Milano. «Prendo un impegno: la città sarà ancora più ciclabile entro quella data», promette l'assessore alla Mobilità Pierfrancesco Maran, presente ieri al lancio del progetto a Palazzo Marino (guarda il video della conferenza).

Intanto sono arrivati i numeri del «contabici» installato il 21 febbraio a Porta Venezia per monitorare gli spostamenti sulle due ruote dei milanesi: 10.367 passaggi verso il centro e 9.631 in direzione opposta. «Uno strumento che ci è utile per capire il flusso dei tragitti casa-lavoro in bici». Un tema fondamentale, quello della ciclabilità: «Il trasporto in auto nelle città è ancora l'aspetto che in Italia incide per un quarto sull'inquinamento dell'aria - avverte Daniele Meregalli di Wwf - Perciò qualsiasi iniziativa che favorisca l'uso di mezzi più sostenibili è positiva». Radiobici collaborerà anche con la Federazione italiana amici della bicicletta per raccogliere fondi utili alla costruzione di tre piste ciclabili nelle zone colpite dal terremoto del 29 maggio.

Alessandra Dal Monte
8 marzo 2013 | 16:36

fonte: http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/13_marzo_8/radiobici-inchieste-itineranti-seimila-chilometri-21287271832.shtml
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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #36 il: Marzo 27, 2013, 09:45:10 am »
[Londra] La bici è per uomini



Sull’onda del successo ciclistico del Paese all’Olimpiade 2012, in Gran Bretagna è iniziata una campagna a favore degli spostamenti su due ruote, preannunciata come una vera e propria rivoluzione dei trasporti verso l’eco-friendly.
INCENTIVARE L'USO DELLA BICICLETTA. Accanto al progetto decennale presentato a Londra dal sindaco Boris Johnson, dal valore di oltre 1 miliardo di euro e per un totale di 25 chilometri di piste ciclabili da costruire, alcune associazioni hanno avviato programmi per l’incentivazione dell’uso della bicicletta, rivolte soprattutto alla popolazione femminile.
Lunedì 25 marzo l’organizzazione governativa British Cycling ha accolto la sfida di portare in sella a una bici un milione di donne inglesi in più entro il 2020.
70 MLN DI STERILNE IN QUATTRO ANNI. L’iniziativa, con un budget di circa 70 milioni di sterline spalmato su quattro anni, è supportata dalle campionesse olimpiche del ciclismo Jess Varish e Becky James e ha l’obiettivo di estendere la cultura a due ruote nell’universo femminile.
DONNA SOLO UN QUARTO DEI CICLISTI. L’uso della bicicletta è in costante crescita in Inghilterra. La Bbc ha evidenziato però che secondo i dati di British Cycling solo un quarto delle persone che inforcano la bici almeno una volta a settimana in Inghilterra è composto da donne (525 mila su un totale di 1 milione e 962 mila).
Questo non significa che il gentil sesso non gradisca spostarsi in questo modo: per l’associazione ci sono almeno 1 milione di donne inglesi che vorrebbero pedalare quotidianamente in giro per città e campagne, e usare sempre meno mezzi pubblici, taxi o automobili.
LA PAURA DI INCIDENTI STRADALI. Tuttavia il British Cycling ha spiegato anche che quando si parla di spostamenti su due ruote la popolazione femminile inglese, molto più di quella maschile, si dichiara spesso spaventata, in particolare per paura di incidenti stradali.
Inforcare la bici? Anche una questione di stile


L'uso della bici è in costante crescita in Inghilterra.

La spinosa questione è stata analizzata sul Telegraph da Cathy Bussey, appassionata ciclista e autrice del libro: The Girl’s guide on Life on Two Weel.
Sono molte le ragioni per cui una donna rinuncia a sedersi in sella.
Anzitutto è una questione di stile: è più difficile che una ragazza con trucco, piega ai capelli e tacchi vertiginosi, decida di andare al lavoro in bici, pena l’arrivare in uno stato impresentabile al meeting delle nove di mattina.
IN CONTRASTO CON LE ABITUDINI. Non che le affollate sedute in metropolitana giovino a rossetto e mascara ma secondo Bussey in molte decidono di non pedalare perché non riescono a incastrare la bicicletta all’interno del proprio stile di vita.
Una tendenza che secondo l’esperta deve cambiare e che comunque non è la prima causa della poca diffusione delle due ruote nell’universo femminile. 
La paura principale è infatti quella della sicurezza: pedalare in città, in mezzo al traffico, può essere pericoloso, ragione che pare sufficiente a tante donne per evitare di usare una bici.
UN MONDO A MISURA D'UOMO. Il vero problema però, ha spiegato Cathy Bussey, è quando si fa di questa accortezza un pretesto di esclusione: «L’industria ciclistica è più che altro un mondo a misura d’uomo. Basta andare in un negozio di biciclette per rendersene conto: quelle femminili sono quasi tutte rosa e con voluminosi cestini porta-borse». La scelta d’acquisto in Inghilterra per una ragazza che voglia cavalcare una mountain-bike, ha aggiunto  Bussey, «è davvero ridotta».
RENDERE IL TRASPORTO PIÙ SICURO. L’intero universo che gira attorno alle due ruote pare quindi essere maschio-centrico: «È ora che anche i club per ciclisti decidano di aprire le braccia alle donne e che l’industria comprenda appieno le diverse esigenze dei due sessi».
Lo stesso vale per le famiglie. «Possiamo incoraggiare le madri a spostarsi in bicicletta insieme ai propri figli soltanto rendendo il trasporto il meno pericoloso e più semplice possibile».
IL PIANO DI PISTE CICLABILI A LONDRA. In questo senso il piano di piste ciclabili programmato a Londra non potrà altro che aiutare.
Ancora più importante secondo l’esperta è tuttavia che gli inglesi di ogni sesso cambino approccio quando vedono una donna in sella a una bicicletta: «Sbagliato giudicare una madre come ‘irresponsabile’ per la sua scelta di portare i bambini a scuola in bici», ha concluso Bussey. «Ed è anche tempo di tacere certi commenti tipici dell’ambiente: ‘Va veloce, per essere una donna’. Certi sottintesi e luoghi comuni sulle donne devono sparire».

fonte foto: http://www.guardian.co.uk/
fonte: http://www.lettera43.it/stili-vita/londra-la-bici-e-per-uomini_4367589046.htm
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Offline pierfa78

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  • ... pedala pieghevole, non piegarti al traffico ..
Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #37 il: Marzo 27, 2013, 11:43:48 am »
...sara' anche per questo che le pieghevoli hanno tanto successo ?! sono "asessuate" non fanno discriminazioni e sono sempre pronte a spiegarsi e a lanciarsi per e con tutti ;) !!

... a quando in Italia degli amministratori che invece di fare promesse metteranno in pratica degli interventi e incentivi seri alla mobilita' ... con Olimpiadi e Mondiali abbiamo gia' dato... dobbiamo aspettare l'invasione dei marziani ?!

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"La vita è come andare in bicicletta. Per mantenere l'equilibrio devi muoverti." Albert Einstein.
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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #38 il: Marzo 27, 2013, 02:28:04 pm »
Bhe, anche il piccolo mondo di Bici Pieghevoli Punto Net è molto maschile (non maschilista).

Rappresentanti femminili ce ne sono, ma molto poche rispetto a signori maschi.

Magari l'admin ci può dire, giusto come statistica, dei 1315 utenti registrati quanti
hanno indicato M. F o si sono astenuti?
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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #39 il: Marzo 27, 2013, 03:13:06 pm »
c'è da dire che c'è stato un bel incremento negli ultimi anni in UK
http://www.britishcycling.org.uk/zuvvi/media/bc_files/corporate/BC_VISION_FOR_WOMEN_CYCLING.pdf
è sicuramente un mercato in crescita anche grazie alle pieghevoli, leggere ed alla moda (vedi brompton)
tanti soldi però non vengono elargiti a caso se qualcuno non ha visto un business dietro (ma meglio così ;))

IN CONTRASTO CON LE ABITUDINI. Non che le affollate sedute in metropolitana giovino a rossetto e mascara ma secondo Bussey in molte decidono di non pedalare perché non riescono a incastrare la bicicletta all’interno del proprio stile di vita.
Una tendenza che secondo l’esperta deve cambiare e che comunque non è la prima causa della poca diffusione delle due ruote nell’universo femminile. 
«Possiamo incoraggiare le madri a spostarsi in bicicletta insieme ai propri figli soltanto rendendo il trasporto il meno pericoloso e più semplice possibile».
Difficile incastrare il ciclismo all'interno della quotidianità familiare, soprattutto senza adeguate infrastrutture. :(

«Sbagliato giudicare una madre come ‘irresponsabile’ per la sua scelta di portare i bambini a scuola in bici», ha concluso Bussey.
Io ci ho pensato, ma sinceramente per ora non me la sento.
Troppo apprensivo? Non so.  :-\
Torniamo sempre alle infrastrutture ed alla sicurezza.


Vi vorrei però far notare una cosa.  ???
Le donne sono madri.
Le donne sono curate ed eleganti.
Forse è una semplice constatazione dello status quo, però la mia impressione è che la stessa Bussey sia per prima schiava di una consuetudine e di un pensiero conformista, benché dica che «certi sottintesi e luoghi comuni sulle donne devono sparire».

Offline pierfa78

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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #40 il: Marzo 27, 2013, 03:44:46 pm »
Beh, magari in realtà ci sono ma sono timide ;D !!
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Offline DJ

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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #41 il: Marzo 27, 2013, 08:57:30 pm »
Bè da utente femminile posso dire che la pieghevole è una bici sicuramente unisex, adatta sia a uomini che a donne. Il fatto poi che si possa fare anche un discreto trasporto passivo senza bisogno di sollevarla di continuo e di fare eccessiva fatica (almeno per alcune marche) avvicina le donne a questo mezzo.
La maggioranza delle mie colleghe vengono al lavoro in bici in quanto lavoriamo in centro dove le auto non arrivano, e alcune di queste usano la bici anche se vestite in modo non sportivo (io ammetto che per deformazione professionale e per stile mi vesto decisamente sportiva) ma discretamente elegante.
Secondo me è una questione anche culturale e non solo del fatto che le donne ci tengono di più a risultare impeccabili..In Danimarca tante belle signore vanno in giro con cargo bike e bambini al seguito :)..e comunque tutte le signore e le donne che vedo in giro in centro in bici vanno molto a gusti: alcune girano disinvolte in gonna con un vestito alla moda, altre sono più sportive, altre girano in tuta, ecc..Non è detto che per forza la donna sia obbligata ad andare in giro in tailleur..Ma nemmeno gli uomini in bici sono il top dell'eleganza sempre e comunque..
DJ
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Offline NessunConfine

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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #42 il: Luglio 07, 2013, 09:36:58 am »
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In Belgio nasce un nuovo cartello stradale: "Living end road"



È stato approvato in Belgio il disegno di legge che prevede l'installazione di un nuovo segnale stradale pensato appositamente per ciclisti e pedoni. "Living end road", questo il nome del cartello, sostituirà alcuni segnali di strada chiusa in cui è stato verificato che esiste un sentiero percorribile da parte delle biciclette e, di conseguenza, dei pedoni.  A realizzare il campionamento dei vicoli ciechi è stato il movimento dei pedoni, secondo cui nel 75% delle strade monitorate esiste un passaggio agevole ed è possibile installare la nuova segnaletica.

Fonte | http://enricobronzo.blog.ilsole24ore.com/nido/2013/07/in-belgio-nasce-un-nuovo-cartello-stradale-strada-chiusa-alle-auto-ma-aperta-a-bici-e-pedoni.html
« Ultima modifica: Agosto 22, 2013, 06:29:13 pm by occhio.nero »
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Offline occhio.nero

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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #43 il: Luglio 23, 2013, 01:15:59 pm »
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Ignazio Marino sindaco: mobilità a Roma
http://www.bicipieghevoli.net/index.php?topic=5314

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da BikeItalia
http://www.bikeitalia.it/2013/07/23/perche-abbiamo-urgente-bisogno-di-una-battaglia-culturale/



Perché abbiamo urgente bisogno di una battaglia culturale
23 luglio 2013
di Marco Pierfranceschi


Sono reduce da un incontro con i tecnici comunali romani che stanno seguendo i lavori di adeguamento della viabilità stradale intorno all’area dei Fori Imperiali. La principale preoccupazione, da parte loro, è che gli interventi portino al collasso una situazione già ora problematica. Ai problemi di traffico già ventilati si sovrappone l’esigenza, ormai matura, di strutturare una efficiente percorrenza ciclabile su una direttrice preferenziale (via Labicana) che da agosto in poi diverrà a singolo senso di marcia. Il contributo dei referenti del movimento #Salvaiciclisti è stato sottolineare i problemi derivanti da una sistemazione stradale raffazzonata e gravemente inadeguata come quella proposta, che finirebbe con l’indurre ciclisti indisciplinati e frettolosi ad effettuare manovre poco ortodosse, e di fatto rischiose. Alla fine dell’incontro non si è riusciti ad individuare una soluzione che fosse soddisfacente per tutti.

Quello che a mio parere è mancato, a monte, è una concertazione sugli effetti reali da produrre, sulle intenzioni complessive, cui l’analisi metro per metro della sede stradale non ha potuto sopperire. Dalla parte dei tecnici è stata rappresentata l’esigenza di incidere il meno possibile sull’esistente, e di operare uno spostamento dei flussi di traffico motorizzato tale da non creare ingorghi ingestibili e disagi alla cittadinanza. Da parte nostra ha prevalso l’intenzione di disegnare una viabilità di livello europeo, che attraverso la distribuzione di spazi sulla sede stradale finisse col concedere pari dignità alle modalità leggere di spostamento, in modo da promuovere quel trasferimento modale dal mezzo motorizzato privato al trasporto pubblico ed alla mobilità leggera di cui abbiamo tanta necessità.

Il persistere di questi due orientamenti contrapposti, l’intoccabilità dei flussi veicolari da un lato, l’esigenza di trasformazione della mobilità cittadina dall’altro, testimonia un vuoto di idealità e di politica nell’agire condiviso. Un vuoto che va colmato prima che si riproducano, ad libitum, le scelte sbagliate portate avanti negli ultimi decenni.

Prima ancora degli interventi, prima ancora delle sistemazioni stradali, sono le idee a dover camminare, a muoversi nelle teste delle persone, a spingere determinazioni e volontà. Mettere una cittadinanza distratta ed inconsapevole di fronte a scelte che non è culturalmente in grado di comprendere e metabolizzare comporta già da se il rischio di un insuccesso. Per questo mi permetto di fare un appunto al sindaco Marino ed ai suoi collaboratori: rendete più chiare le vostre intenzioni, supportatele da fatti e logica inoppugnabile prima di agire, perché le esperienze di altri paesi non mancano e tutti noi abbiamo bisogno di ricominciare a sognare e desiderare.

L’unica strategia posta in atto a Roma negli scorsi decenni, in controtendenza rispetto alle esperienze europee, è stata quella della “fluidificazione” del traffico: il tentativo, destinato a fallire, di far scorrere più in fretta gli autoveicoli per ridurre gli ingorghi. L’esperienza degli altri paesi, al contrario, ci insegna che rendere le direttrici più veloci ed efficienti per le auto ottiene soltanto di renderle più appetibili, ed aumentare il traffico che vi scorre, anziché ridurlo. Per dirlo con le parole di Fred Kent: “If you plan cities for cars and traffic, you get cars and traffic. If you plan for people and places, you get people and places.” (Se progetti le città per le automobili ed il traffico, ottieni automobili e traffico. Se progetti pensando a persone e luoghi, ottieni persone e luoghi)

I romani, e gli italiani più in generale, soffrono paure inconsce prodotte proprio da questo modello di organizzazione urbana. Temono di non potersi spostare se privati dell’automobile, temono un ulteriore peggioramento della qualità della propria vita. Temono a ragione, i residenti, (che paradossalmente sono i primi a non voler limiti nell’uso del veicolo privato) che l’eccesso di traffico li danneggi. Temono a torto, i commercianti, che la riduzione del traffico finisca col penalizzarli.


 
Al contrario, tutte le esperienze degli altri paesi sconfessano questi timori: la limitazione del traffico veicolare comporta un aumento negli spostamenti a piedi ed in bicicletta, rende efficienti e puntuali i mezzi pubblici, aumenta la predisposizione allo shopping e gli affari del commercio di prossimità, migliora la salute delle persone grazie all’abbattimento delle sostanze inquinanti ed all’aumentato esercizio fisico, accresce la vita di relazione, la socialità e la piacevolezza dei quartieri.

Tutto questo, noi che andiamo in bicicletta lo sappiamo già, vuoi per averlo sperimentato sulla nostra pelle, vuoi perché parte integrante del nostro bagaglio culturale. Ma al di fuori della ristretta cerchia di pochi innovatori/sperimentatori approdati spontaneamente all’utilizzo della bicicletta, nella cultura italiana diffusa di questa consapevolezza non v’è traccia. Per di più, i mezzi di comunicazione di massa, soggetti a logiche conservatrici, continuano a perpetrare una narrazione dell’esistente in cui non c’è spazio per possibili trasformazioni sociali. Il risultato è che abbiamo collettivamente perso di vista l’idea stessa di futuro, di trasformazione, limitandoci a subire passivamente un presente all’apparenza immodificabile.

Che ciò sia il portato di riluttanze ataviche o la consapevolezza di aver raggiunto un punto di non ritorno nell’accumulo di beni materiali, fatto sta che lo status quo, il possesso e l’accumulo compulsivo di oggetti, è ormai diventato un totem indiscutibile, da difendere a costo della vita. È questo il moloch che va combattuto e sconfitto, perché da esso discendono tutte le scelte sbagliate che ci mantengono nell’impasse.

Il punto è che non si trasforma una società ridisegnando strade, la si trasforma ridisegnando sogni, idee e desideri, e questa è una cosa che da tempo immemorabile abbiamo delegato alle campagne pubblicitarie, col solo esito di riempire le nostre esistenze di oggetti prevalentemente inutili, se non decisamente dannosi. Dobbiamo riappropriarci della capacità di sognare, immaginare, desiderare, e non solo, una volta riconquistata per noi stessi dobbiamo essere capaci di restituirla ai nostri vicini e concittadini.

Questo, come ciclisti, chiediamo al sindaco Ignazio Marino: di farsi carico in prima persona di quella trasformazione culturale che sola potrà avallare le coraggiose scelte urbanistiche che ci sta promettendo. Di invadere televisione e giornali di comunicazioni dirette e facilmente comprensibili sugli inoppugnabili vantaggi che ne verranno ai cittadini. Di scrollare di dosso, alla città che amministra, la cappa di inerzia e passiva accettazione in cui è vissuta già troppo a lungo.

Da parte nostra, come ciclisti e cicloattivisti, questa battaglia la stiamo conducendo da tempo, con risultati incoraggianti ed evidenti, ma senza quegli strumenti di pervasività ad oggi esclusivo appannaggio di stampa e televisione. Possediamo competenze ed esperienze, possediamo idealità, possediamo una chiara visione degli obiettivi e dei vantaggi per l’intera collettività di un diverso modello di convivenza urbana, ma non ancora la capillarità per arrivare a chi ostentatamente ci ignora.

L’istanza di trasformazione urbanistica della città non potrà procedere senza il supporto di una adeguata campagna di comunicazione che restituisca ai suoi abitanti l’opportunità di desiderare, sognare e partecipare a realizzare una totale riorganizzazione, in positivo, delle proprie vite ed abitudini consolidate. Come ciclisti urbani siamo pronti a sostenere questa trasformazione con ogni mezzo necessario, ma sentiamo la necessità di un maggior coordinamento con le istituzioni, cui domandiamo una totale trasparenza e condivisione d’intenti.
« Ultima modifica: Febbraio 09, 2017, 07:00:40 pm by occhio.nero »
Federico
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pedaliamo, pieghiamo, moltiplichiamoci

Offline maurelio79

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Re:bici e rivoluzione culturale (riflessioni, campagne, segnaletica, ....)
« Risposta #44 il: Luglio 23, 2013, 04:12:13 pm »
Ciao, tutto molto bello e anche scritto bene: quindi complimenti a bikeitalia e a Marco.
Quando però leggo di prendere ad esempio gli altri paesi, mi trovo perfettamente d'accordo. ma un pò mi viene da sorridere: se penso all'italiano che per fare 700/800 metri per andare a lavoro, prende la macchina (amici e colleghi...); se penso ad alcuni commenti buttati lì per scherzo, ma con un fondo di verità, del tipo "quando sono in ritardo e mi trovo il ciclista davanti mi vien da prenderlo sotto"; quando vedo le piste ciclabili coperte di macchine parcheggiate e il funzionario pubblico preposto alle multe, fregarsene; mi accorgo che forse la "battaglia culturale" bisogna "imporla".

Per imporla intendo: “If you plan cities for cars and traffic, you get cars and traffic. If you plan for people and places, you get people and places.”  Iniziare a chiudere il traffico in alcune zone e strade.
Ad esempio per Verona (città in cui vivo e quindi conosco) sarebbe una cosa tanto bella quanto utopica, iniziare chiudendo al traffico tutta la zona interna alle mura.



Quale sindaco mai avrà il coraggio di fare una cosa del genere?

Ciauz

Tags: auto_bici cultura