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Autore Topic: Utopia su due ruote  (Letto 4120 volte)

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Offline NessunConfine

  • gran visir
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Utopia su due ruote
« il: Novembre 21, 2013, 12:58:52 pm »
[Approfondimenti] Utopia su due ruote



Nessuna sorpresa nello scoprire che il professor Serge Latouche, 69 anni, il teorico della decrescita felice, è un ciclista di vecchia data. È sorpreso lui stesso, invece, di come sia cambiata, negli altri, la percezione di questa sua abitudine: "Vent'anni fa ero considerato, al minimo, uno stravagante. Alcuni miei studenti, soprattutto africani, ne erano quasi scandalizzati. Ma come, professore, non è dignitoso per uno del suo rango! Oggi invece sono ultrachic.

E come me non sono marziani coloro che in giacca e cravatta sfilano in bicicletta per andare in ufficio. Lo fanno anche alcuni deputati dell'Assemblea nazionale". Saluta e sale sulle due ruote per andare dall'altro capo di Parigi, dove deve tenere una conferenza. Lungo il percorso troverà frotte di pedalatori, testimonianza del successo che ha avuto l'iniziativa del Comune di fornire un 'vélo' in affitto a cittadini e turisti.

Qualcosa di analogo (ma in sedicesimo) succede a Roma. In Italia in 21 giorni, tra l'aprile e il maggio scorsi, le migliaia di richieste hanno mandato in tilt il sistema informatico per gli incentivi a chi acquista una bicicletta (40 mila pezzi venduti in un battibaleno). Negli Stati Uniti è appena uscito un libro, 'Pedaling revolution' di Jeff Mapes, che nel sottotitolo porta una tesi fin troppo rosea: 'Come i ciclisti hanno cambiato le città americane'. E magari fosse un dato acquisito, però segnala una tendenza se i chilometri di piste ciclabili crescono in modo esponenziale (Portland, in Oregon, la città più virtuosa) e i sindaci, a Chicago come a Los Angeles, si stanno ingegnando per detronizzare (auguri) sua regina l'automobile a favore della Cenerentola coi raggi.

Il compianto filosofo austriaco Ivan Illich poco prima di morire nel 2002 aveva voluto aggiornare un suo saggio del 1973, 'Elogio della bicicletta' (Bollati Boringhieri) che ci appare profetico adesso che il più elementare mezzo di trasporto sta conoscendo una nuova fortuna critica. Esemplificava: "Si possono parcheggiare diciotto biciclette al posto di un'auto... Per portare quarantamila persone al di là da un ponte in un'ora ci vogliono dodici corsie se si ricorre alle automobili e solo due se le persone vanno pedalando in bicicletta". Calcolava: "Il trasporto di ogni grammo del proprio corpo su un chilometro percorso in dieci minuti costa all'uomo 0,75 calorie".

Il massimo del risparmio energetico e senza consumo di natura, concetti di forte impatto all'epoca della svolta verde dell'uomo più potente del pianeta, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Illich aveva scelto come epigrafe del suo libro una frase di José Antonio Viera-Gallo, sottosegretario alla Giustizia del governo di Salvador Allende: "Il socialismo può arrivare solo in bicicletta". Andamento lento dell'egualitarismo.

Legare le due ruote a un'ideologia, o rappresentarle come emblema di un certo modo di sentire deve essere una tentazione irresistibile se l'antropologo Marc Augé con questa frase conclude il suo volume 'Il bello della bicicletta' (appena uscito, sempre Bollati Boringhieri): "In bicicletta per cambiare la vita. Il ciclismo come forma di umanesimo". Si immagina, l'intellettuale francese, le città che fra 30 anni saranno dominate dai ciclisti e chiosa: "Il solo fatto che l'uso della bicicletta offra una dimensione concreta al sogno di un mondo utopico, in cui la gioia di vivere sia finalmente prioritaria per ognuno e assicuri il rispetto di tutti, ci dà una ragione per sperare. Ritorno all'utopia e ritorno al reale coincidono".

Bicicletta e motore sono coetanei. Hanno avuto la loro fase mitologica e conosciuto poi alterne vicende. La bici è sprofondata nella considerazione generale, relegata nel recinto dello sport (sia anche di quello amatoriale) salvo riemergere adesso che declina, per troppi problemi di gestione, l'automobile. Come se facessero parte di un sistema di vasi comunicanti. Giù uno, su l'altro. E viceversa. Augé sostiene che il mito, seppur appannato, non è mai morto, perché tocca la memoria privata: la prima volta in equilibrio, la prima volta che si è andati oltre lo spazio e il tempo delle sole proprie gambe. O forse, aggiunge, "perché i miti sono longevi". E la politica dà una mano quando avvia, come è successo nel mondo industrializzato, dei piani per favorire la locomozione più elementare.

Latouche la battezza come il mezzo della ipermodernità o della tardo-modernità. Per la post-modernità, ripassare tra 30 anni quando certo la bicicletta ci sarà ancora e sarà nel massimo del suo splendore: "Sarà quando, fra 30 anni appunto, il petrolio sarà finito o sarà anti-economico estrarre il poco rimanente. La bicicletta permetterà allora all'umanità di ritrovare l'autonomia di trasporto". Già ora, calcola: "Se si considera il tempo passato in coda, a fare benzina, a ripararla eccetera, con l'automobile si procede, al netto, a una velocità di cinque chilometri all'ora.

Con la bicicletta si toccano i 20-30, dipende dalla gamba". Augé concorda: "La riscoperta della bici va in contemporanea con questa epoca che io definirei modernità tardiva". E quanto all'umanesimo, dice quello che ci si potrebbe aspettare: "In città, con la bicicletta, si può mettere il piede a terra, conversare". Si può riscoprire una dimensione a cui non siamo abituati e che porta "felicità vera". Almeno a lui succede: "Basta rimettersi in sella, anche dopo tanto tempo, ed è come nuotare. Una volta imparato non lo si dimentica più. Si ritrova un rapporto col proprio corpo".

Qualcosa di simile sostiene anche Andrea Satta, cantante dei Têtes de Bois, autore de 'I riciclisti' (Ediciclo editore), fresco reduce dal Giro d'Italia in compagnia di Sergio Staino e Moni Ovadia. Nei suoi racconti porta ancora il profumo delle emozioni provate su e già per i passi, tra la gente in delirio 'quando che passa il Giro'. La dimensione agonistica ha potuto parecchio per l'apparato leggendario. E i campioni, si sa, non producono solo performances, ma attivano l'immaginario, stimolano emulazione. Satta porta nelle città italiane uno spettacolo sul ciclismo e porta se stesso in giro per Roma sulle due ruote. Si è fatto più di un'idea. Associa la bicicletta alla leggerezza e tutti sappiamo, in tempi pesanti, quanto ce ne sia bisogno.

Leggero è poi il mezzo stesso: "Anche trasparente. Attraverso i raggi della bici si può vedere. La bici è esteticamente bella, ha avuto più evoluzione tecnologica delle stesse automobili. E nonostante questo è rimasta un oggetto decifrabile. Usiamo milioni di cose di cui non conosciamo il funzionamento e con la bici torniamo alla comprensione, una catena due ruote, niente altro". Ha anche il vantaggio della maneggevolezza: "Consente l'errore. Uno si imbuca in una strada sbagliata, dà un'occhiata e torna indietro". Fissa nei 20 all'ora la velocità perfetta per l'uomo contemporaneo: "Il camminare è troppo lento. A 20 all'ora vedi quella montagna, quel campanile, quelle persone, che si fanno a poco a poco più grandi. Hai il tempo per soffermarti e poi ti volti e li vedi rimpicciolire di nuovo". L'entusiasmo lo fa andare oltre il socialismo: "Insomma la bicicletta è rivoluzionaria".

Ci si aspetterebbe che uno dei più famosi appassionati ciclisti della Penisola, Romano Prodi, sottoscrivesse in toto questo sentire. Naturalmente il professore si augura magnifiche sorti e progressive delle due ruote. Però frena sulle considerazioni circa il fatto che si sia già entrati nell'età dell'oro: "Fermi tutti. Le nostre città non sono fatte per la bicicletta. Bisognerebbe cambiarne radicalmente la struttura. E poi io non mi dimentico di essere un economista e noto che il numero totale di bici vendute continua a mantenersi su livelli molto bassi". Non ce lo vede il manager che pigia sui pedali in giacca e cravatta e poi, tutto sudato, arriva in ufficio.

Anche per un problema di spazi: "Come si fa a percorrere un'area metropolitana grande come quella di Milano in tempi ragionevoli e senza fatica eccessiva?". Certo si sente inserito, visto che da sempre pratica il ciclismo, nella "grande corrente ecologico-ambientalista-energo-risparmiatrice". Senza però che questa virtù abbia poi una grande riconoscibilità sociale: "Sento ancora troppo spesso automobilisti che da dietro ti apostrofano con qualche 'dai stronzo, togliti di mezzo'. E non si riferiscono al Prodi politico perché da dietro non mi possono riconoscere". Ha rispolverato una bici con cui circolare nel centro di Bologna: "Però non si può dire che si sia felici per il tempo guadagnato se poi ti passa un autobus a 36 centimetri e ti mette paura. Bisogna essere realisti".

Siccome non pone limiti alla provvidenza, Prodi si augura che "insistendo insistendo il cambiamento arrivi davvero". Non lo vede all'orizzonte, ecco. Così come non lo vede Franco La Cecla, antropologo e architetto. Del libro di Illich ha scritto la postfazione: "Però non credo che la bicicletta abbia vinto. È una bella idea ancora marginale". Perché la bici, di per sé, "non distrugge il modello di società se questo modello non viene messo in questione in profondità". La sua è una critica, se si passa il termine, 'da sinistra': "Sono anche contrario alle piste ciclabili, mi sembrano uno zoo, l'equivalente di mettere i bambini nei parchi perché rompono". Forse sogna una città solo di bici e pedoni. Ma la bicicletta arriva da lontano, va lenta e procede al passo di pedale per andare lontano

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« Ultima modifica: Novembre 22, 2013, 10:00:04 am by NessunConfine »
Lorenzo - Tern Link P9

Offline occhio.nero

  • Federico
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  • hai voluto la vita?... e mo' pedala!
    • il mio nome è al termine del mio viaggio
Re:Utopia su due ruote
« Risposta #1 il: Aprile 20, 2017, 03:14:54 pm »
contributi recuperati dopo il blackout del forum

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Veeg
   Mi riallaccio all&#039;articolo sopra riportato per dire che ieri sera ho seguito un dibattito in materia di economia dove, incalzati dalle domande del presidente di una sede FIAB locale, hanno toccato anche temi di mobilità sostenibile.<br />Il quadro finale è desolante e posso sintetizzarlo così:<br /><br />-&quot;In un paese quale il nostro dove la crescita economica (PIL) è praticamente inesistente, indebitato nel pubblico e nella previdenza in maniera esponenziale, con fuga di industrie, cervelli e capitali, aggravato da una popolazione che invecchia e da diffuse incapacità politiche e dirgenziali, il futuro non vedrà biciclette o altro genere di mobilità sostenibile&quot;.<br /> <br />-&quot;Perché?&quot; chiedono dal pubblico.<br /><br />-&quot;Perché un ingorgo di macchine fa crescere il PIL, mentre una ciclabile con le bici che scorrono non porta benefici. Questo perché il nostro modello economico è ancora quello di una volta, basato sui consumi. Se compri una macchina e acquisti benzina per rimanere bloccato nel traffico con l&#039;aria condiziata accesa, crei consumo. Se pedali libero su una bici che ti durerà una vita, spinta dalle tue gambe, non crei consumo.<br />Fino a quando non esisterà una classe dirigenzale e politica che avrà il coraggio di intraprendere strade alternative al PIL nel classico senso in cui lo conosciamo, il futuro non sarà dei ciclisti o di chi usa i mezzi pubblici. &quot;<br /><br />Molto sintetizzato, ma triste anche in queste poche righe...<br /><br />Edito nuovamente il messaggio perché ho tralasciato una &quot;perla&quot; che mi ha fatto molto riflettere:<br />Uno dei relatori rivolgendosi ad un gruppo di ciclisti: &quot;Come vi sentite quando pedalate?&quot;<br />- &quot;Liberi, felici, in salute.....&quot;<br />- &quot;Bene, per il nostro sistema economico voi siete elementi negativi da isolare e rieducare. Il PIL attuale ha bisogno di gente depressa e malata che spenda in medicine ed analisti e che sviluppi una patologia cronica per mettere in moto un sistema sanitario assistenziale fino alla vostra morte. Questa incrementa il PIL. La vosra gioia e la vostra salute non producono PIL&quot;.


Sstartaruga
   
<br /> non sono marziani coloro che in giacca e cravatta sfilano in bicicletta per andare in ufficio. <br />
<br />eccomi, senza la giacca e cravatta ma i colleghi spesso mi chiedono stupefatti come possa ogni giorno percorrere 8km (+8km al ritorno) in bicicletta, in 20 min al posto di venire comodamente in auto in 35/40min per poi cercare un posteggio.....<br /><br />i meno integralisti (*) mi chiedono perchè almeno non in scooter (almeno questo è più rapido della bici), io provo a fargli notare che in bici non costa, faccio movimento, non subisco il traffico, ma non sembrano capire<br /><br />*: molti colleghi che abitano anche più vicino di me non vengono in scooter se piove o se fa freddo (minimo 10°)....


Federico
Tikit; DahonMuP24; Nanoo; DashP18; BromptonS6L
pedaliamo, pieghiamo, moltiplichiamoci

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