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turismo pieghevole => racconti di viaggio pieghevole => Topic aperto da: Vittorio - Ottobre 19, 2022, 06:38:38 pm

Titolo: Veneto: da Peschiera a Garda tra un cantiere e l'altro
Inserito da: Vittorio - Ottobre 19, 2022, 06:38:38 pm
Cantieri imprevisti: avevo da un po’ di tempo progettato questo giro
https://www.komoot.it/tour/791125426?ref=wtd
per completare una ricognizione parziale già fatta tempo fa di fretta e furia con la Vitesse, ma che per il terreno “misto” era sicuramente più adatta ai ruotoni della Espresso. Malauguratamente per me, ma molto bene per il lago, con la fine dell’alta stagione turistica è partita una serie di cantieri per il rinnovo del collettore fognario circumlacuale, per cui il mio giro si è un po’ modificato e allungato…
https://www.komoot.it/tour/956469189?ref=wtd
Come dicono nell’introduzione di Law and Order: ecco la sua storia.
Giro in intermodalità senza auto, per cui avvicinamento a Peschiera in corriera (50 minuti da Salò, toccando vari paesi fuori dall’itinerario diretto, ma raccogliendo solo un altro passeggero oltre me, su autobus gran turismo con autista gentilissimo e bici nella stiva) e treno Regionale Veloce (il solito ETR.521 dell'altra volta, però molto meno pieno, così sono riuscito a sedermi con la bici sotto mano).
Foto ricordo a Peschiera prima di avviarmi.
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Primo tratto su strada a basso traffico lungo il porto
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poi si prosegue lungo una passeggiata in riva al lago
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che appena ci si allontana dall’abitato offre un ambiente molto rilassante
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e permette un minimo di bird-watching: oltre agli onnipresenti germani reali, che cos’è quello ad ali aperte?
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Dopo nemmeno tre km, però, proprio quando il percorso sta per diventare un po’ più “selvaggio”, ecco i cartelli che annunciano la deviazione per i lavori
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e poco più avanti lo sbarramento.
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Approfitto del fatto che sia semiaperto per intrufolarmi e avventurarmi sulla strada bianca
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per circa 600 m, ma prima l’incontro con altri cicloturisti che tornano indietro scornati e poi la presenza di un po’ di macchine operatrici
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mi convincono a tornare sui miei passi (no; contrariamente allo stereotipo dei pensionati, non mi sono fermato con le mani dietro la schiena a guardare i lavori...) e risalire una trentina di metri più in alto, costeggiando il recinto di Gardaland, fino ad attraversare la statale e proseguire più o meno parallelamente su morbidi saliscendi prima asfaltati
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e poi sterrati
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fino ad avvistare la chiesa di Pacengo,
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dove ci si ricongiunge alla statale. Finora il navigatore di Komoot mi ha dato parecchie indicazioni incoerenti, per cui ho deciso di ignorarlo e seguire i cartelli gialloverdi che indicano il percorso alternativo (si vede che da queste parti è pieno di cicloturisti tedeschi e affini…). Purtroppo però al semaforo di Pacengo ne interpreto male uno e mi tuffo giù lungo la strada per la frazione Porto, dove mi attende una brutta sorpresa…
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Costretto a risalire, un po’ con le marce basse e bassissime e per gli ultimi metri a piedi, procedo lungo la statale, approfittando per un po’ di un provvidenziale marciapiede
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e poi di una variopinta ciclabile parallela che costeggia il parco Canevaworld.
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Subito dopo i cartelli indicano di svoltare verso il lago. Bene, mi dico, interruzione aggirata, e appena scorgo un cartello molto artigianale che indica “lago” mi tuffo giù per uno sterrato che si fa via via più impegnativo,
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fino a scodellarmi in riva al lago, dove però…
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Le transenne sono nella direzione opposta alla mia; vuoi vedere che ho davvero aggirato l’ostacolo? Bella cosa l’ottimismo, ma meglio non farci troppo conto: giusto 1 km di praticabilissimo sterrato
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e trovo l’ennesimo cantiere insuperabile; mentre mi sto già agitando all’idea di risalire a spinta quel malefico sentiero, uno dei presenti mi suggerisce un’alternativa attraverso l’area privata di una struttura turistica subito lì sopra; sono già pronto a cercare di impietosire chi mi dovesse contestare l’accesso abusivo (c’è anche un cartello che indica la presenza di cani da guardia, ma fortunatamente è una finta), ma non incontro nessuno, quindi mi riporto su viabilità pubblica e poco dopo arrivo a una ciclabile
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che costeggia la statale fino a Lazise. Qui scendo fino alla spiaggia, percorrendola brevemente verso sud per farmi un’idea del terreno (misto di sterrato compatto e sabbia) e per scattare la foto che avrei fatto arrivando a Lazise sul percorso inizialmente previsto.
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Entro in Lazise dalla Porta del Lion
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e girello un po’, con la bici a mano perché nel centro storico è vietato andare in bici;
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peccato che un attimo dopo averne chiesto conferma a un paio di vigili urbani mi sfrecci quasi sui piedi un ragazzino tedesco in monopattino elettrico...
Breve pausa sul lungolago Marconi per riempire la borraccia, svuotata sulle precedenti salite,
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e mi rimetto in marcia perché è mezzogiorno passato da poco e per cercare un ristorante è ancora troppo presto; inoltre tutti i locali che posso vedere sono già pieni di tedeschi e assimilati e offrono i tipici menù “per turisti stranieri”, mentre a me piace assaggiare le specialità locali.
Se da Peschiera a qui il percorso è un misto di tratti pavimentati e di sterrati più o meno regolari, da Lazise in poi c’è un percorso ciclopedonale in piena regola, asfaltato o cementato ma sempre ben tenuto
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su cui si affacciano alberghi di ogni calibro, fra cui questo, con un’enorme piscina a 20 metri dal lago… Notare i due ospiti in piena “vacanza intelligente”.
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Un paio di scorci del percorso fra Lazise e Cisano di Bardolino:
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qui mi imbatto casualmente nell’albergo ristorante Vela d’Oro
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che espone un menu che mi incuriosisce: tortelli rossi all’Amarone
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e “fish & chips del Garda”.
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In realtà mi aspettavo una frittura di pesciolini come gli “stricci” che si mangiano in riva al Po, e non tre filetti pesantemente impanati, ma il sapore è buono e la sostanza non manca. Il dolce, per questa volta, lo salto: e meno male che mi restano ancora solo 6 km e tutti pianeggianti…
Durante la “pausa pranzo” ho visto passare ciclisti, per lo più stranieri, con bici di ogni genere (MTB, gravel, con rimorchio portabimbi o portacane, minivelo, pieghevoli…) in prevalenza elettriche; non è mancata neppure la “cugina” della mia Espresso, una Tern Joe.
Proseguo verso Bardolino
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altro borgo caratteristico e affollato di turisti, poi un’architettura inconfondibile mi si para davanti costringendomi a tirare i freni per due scatti:
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un casello ferroviario. Infatti qui in riva al lago, fra Bardolino e Garda, passava l’ultimo tratto della ferrovia Verona-Affi-Caprino/Garda della SAER, chiusa con la solita colpevole miopia nel 1959. Inutile immaginare che cosa avrebbe potuto significare oggi per una zona come questa che vive (ma anche soffoca) di turismo avere un collegamento diretto con un nodo stradale e ferroviario del calibro di Verona. E, sempre in tema di miopie, impossibile non stigmatizzare quella delle amministrazione comunali che negli anni hanno lasciato occupare ogni metro di costa da campeggi e grandi parchi tematici senza prevedere adeguati accessi pubblici al lago. Tutto sommato, è già un miracolo che oggi esista questo itinerario: sulla sponda bresciana, da Desenzano a Manerba, non c’è nemmeno quello…
Ancora in tema di occupazione del suolo pubblico, ecco un gelataio che ha interpretato in maniera un po’ estensiva il concetto di plateatico…
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Ad ogni modo i ciclisti di passaggio non si fanno impensierire e passano tranquillamente sotto il tendone, fra bancone e tavolini.
Un’ultima curva
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ed eccomi arrivato a Garda,
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però con più di un’ora di anticipo sull’orario del battello con cui tornerò a casa.
Che fare? In teoria potrei proseguire fino a Torri del Benaco per prendere il traghetto delle auto per Maderno, però
a) dovrei farmi 6-7 km di statale con saliscendi, curve cieche e neanche l’ombra di una ciclabile;
b) una volta a Maderno mi toccherebbero altri 8 km di statale per arrivare a casa;
c) dovrei farcela in meno di 35 minuti per la corsa delle 15, perché la successiva delle 16.10 mi farebbe arrivare a casa più tardi del battello da Garda.
Tre buoni motivi per attivare il piano B, una puntatina esplorativa verso Punta San Vigilio, sempre in riva al lago: strada, poi sterrato scorrevole, poi sentiero; quando il fondo diventa un ghiaione che imprigiona le ruote giudico che sia arrivato il momento di fermarmi e voltarmi a scattare una foto panoramica del golfo di Garda.
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Chissà se il leggendario anello ciclabile “Garda by bike” passerà di qui (difficile, Punta San Vigilio è proprietà privata) o se invece verrà realizzato un percorso a mezza costa in fregio alla statale… e chissà se farò in tempo a vederlo.
Rientro a Garda per un caffè nei vicoli del centro
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poi biglietto, breve attesa e imbarco sulla m/n Mantova; mi preoccupava un po’ che questa corsa fosse contrassegnata come una di quelle in cui il trasporto di biciclette è subordinato alla disponibilità di spazio e in ultima analisi al buon volere del comandante. Vero che la pieghevole non dovrebbe sottostare a queste limitazioni, ma la Espresso con le sue dimensioni da chiusa è un po’ borderline… In realtà le bici presenti a bordo all’arrivo sbarcano tutte a Garda e la “bikes area” a prua è tutta per me: una ruota qua e una là dalla bitta e la bici è bella e che parcheggiata.
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Giusto perché il lago oggi è una tavola; se ci fosse stato un minimo di onda l’avrei coricata per non avere brutte sorprese. In questi casi dovrei ricordarmi di portarmi appresso una cinghia per legare la bici, tanto un pacciugo in più o uno in meno nella borsa non farebbe una gran differenza.
Subito dopo la partenza, un bello scorcio del complesso di San Vigilio, oggi complesso alberghiero di lusso,
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e dopo un’oretta di tranquilla navigazione, Salò.
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Casa, doccia, divano…

Vittorio