Dopo una pausa di parecchi mesi, martedì scorso sono tornato sulla ciclabile della Valle dell’Adige, per il pezzo che mi mancava fino a Trento; stavolta ho fissato proprio la stazione di Mori come punto di partenza, un po’ poiché mi dispiaceva di aver percorso il tratto Mori-Rovereto troppo di fretta la volta scorsa, e un po’ per la maggior facilità di parcheggio in questa piccola stazione. Arrivato in zona verso le 10 dopo aver percorso una Gardesana insolitamente priva di traffico (vantaggi dell’ora morta e della giornata infrasettimanale), ho allestito la Espresso con la telecamera, il cui morsetto occupa gli ultimi millimetri ancora disponibili sul manubrio.
Unico limite, la mancanza del telecomando, che è stabilmente (fin troppo…) fissato al manubrio della Vitesse, per cui ho dovuto scattare a mano.
Appena fuori dal parcheggio della stazione, il percorso ciclabile è ben evidente
e per attraversare in sicurezza la SP 23 c’è subito un comodo sottopassaggio,
seguito da un cavalcavia sull’A22
e da un altro sottopassaggio sotto la SS 240 per Riva del Garda;
sulla sinistra si riconosce il ristorante Tre Pini dove mi ero “frugalmente” rifocillato l’ultima volta.
Finalmente si comincia a pedalare sul percorso ciclopedonale riservato in riva all’Adige
e poco dopo sulla riva opposta si riconosce l’imponente opera di presa del canale scolmatore Adige-Garda, la cui realizzazione negli anni cinquanta decretò la scomparsa del Lago di Loppio.
Alle porte di Rovereto si incontrano alcune aree attrezzate, in una delle quali c’è un gruppo di bambini di una scolaresca o un Grest
Dopo aver aggirato con una brevissima deviazione la confluenza del torrente Leno nell’Adige, si incontra l’unica brevissima salita del percorso, che porta a un caratteristico cavalcavia
al di là del quale c’è il borgo di Porto di Rovereto (“porto”, come in tantissimi altri casi, ha il significato di “traghetto”), raccolto intorno a piazza Filzi.
Ancora per qualche chilometro il percorso, tra fiume e vigneti, è abbastanza vario,
poi il panorama si apre in lunghi rettifili senza un filo d’ombra;
per fortuna la temperatura è gradevole e il sole gioca a nascondino con le nuvole; in compenso di rifà viva una vecchia conoscenza: il vento contrario, che però è molto blando (anche se un po’ più di 1 km/h di cui si parlava nelle previsioni) e non mi impedisce di mantenere la velocità sui 20-22 km/h, grazie alla miglior scorrevolezza e all’ampia scelta di rapporti della Espresso.
Poco prima di Calliano si attraversa l’Adige su un modernissimo ponte ciclopedonale che porta subito a monte di Nomi;
c’è anche un cartello che indica la presenza di un bicigrill, ma io riesco a vedere solo il cartello… Poco male, perché mi sono portato due borracce d’acqua e quattro barrette (due in tasca e due di riserva nella borsa), la prima delle quali mi sono appena sbafato, quindi dovrei essere autosufficiente. Però un caffè l’avrei preso volentieri…
Il tratto sulla sponda destra del fiume è un po’ penalizzato dal rumore della vicina A22
ma dopo neanche 3 km si torna sulla sponda sinistra all’altezza di Besenello e dopo un altro chilometro incontro una piccola area di sosta con un paio di panchine, in prossimità del portale sud della galleria artificiale realizzata negli anni ottanta per proteggere la ferrovia del Brennero dalle cadute di massi dal versante soprastante
e ne approfitto per una foto alla mia valida cavalcatura,
una “pausa chiappe” e per sgranocchiare la seconda barretta. Dopo essermi sbarazzato delle bustine di plastica in un provvidenziale cestino, attendo ancora un po’ per vedere se passa qualche treno, poi riparto e scopro perché non ne passano: appena oltre la galleria ci sono un paio di squadre della manutenzione che stanno lavorando sulla linea aerea, in regime di interruzione.
Anche il tratto successivo si caratterizza per lunghi rettifili che favoriscono… la meditazione e il ritmo di pedalata,
fino a costeggiare l’aeroporto di Mattarello, dove colgo l’atterraggio del moderno biposto Tecnam P2008 marcato I-TLFA, ultimo arrivato nella flotta della Italfly e utilizzato per l’addestramento dei nuovi piloti.
A questo punto io e il navigatore di Komoot cominciamo a non intenderci più tanto bene, come si può vedere confrontando il tracciato effettivo
https://www.komoot.it/tour/789287801?ref=wtdcon quello teorico:
https://www.komoot.it/tour/659438449?ref=wtdprima manco la svolta sul ponte subito dopo il bicigrill Trento, poi al successivo riattraversamento dell’Adige riesco a non vedere la ciclabile che prosegue sul lato opposto del ponte (!) e finisco col vagare in mezzo alle auto su una rotonda e ritrovarmi in Tangenziale! Per fortuna c’è un provvidenziale marciapiede che mi permette di uscire al primo svicolo e portarmi sulla via Sanseverino, parallela alla ciclabile; poiché è la prima volta che metto le ruote sulla viabilità ordinaria, mi fermo per accendere almeno la Lezyne rossa posteriore e scopro che la vigliacca si è mangiata tutta la carica della pila…
Per fortuna poco dopo riesco a riprendere la ciclabile prima del Parco delle Albere,
proseguendo poi su un gradevole percorso alberato
fino al ponte San Lorenzo
subito dopo il quale c’è un’ottima vista sull’antica Abbazia di Sant’Apollinare.
Poco più in là, il navigatore mi indirizza correttamente in via Lampi, al termine della quale c’è il sottopassaggio che porta alla piazza della stazione. Devo dire che in un territorio così “a misura di ciclisti” mi sarei aspettato di trovare un ascensore, invece devo incollarmi per le scale i 15 kg della Espresso (più la borsa con attrezzi, seconda borraccia e sella di riserva).
Riemerso in piazza Dante, dopo un po’ di avanti e indietro senza senso, mi decido a spegnere il navigatore. Bene, sono le 12.30, il primo treno utile per tornare a Mori è fra un’ora, è tempo di occuparsi delle cose serie, leggi mettere le gambe sotto un tavolo. Percorrendo via delle Orfane e via Cavour,
dalla stazione si raggiunge in un lampo la piazza del Duomo
e qui c’è solo l’imbarazzo della scelta. Scartati un po’ di paninari e kebabbari, adocchio l’@steria Te Ke Voi, che espone menu un po’ più articolati e ha ancora tavoli liberi;
non faccio in tempo ad appoggiare la bici al marciapiedi all’altezza del primo tavolino libero che una cameriera mi intima di mettere la bici “dall’altra parte”; immaginando che in effetti in quel punto possa essere d’intralcio ai pedoni di passaggio, mi sposto dal lato opposto, in corrispondenza dell’ombrellone chiuso, dove di spazio ce n’è in abbondanza, e rieccola:
“no, no, la deve mettere dellà, al palo”, cioè dall’altra parte della strada, contro il muro della chiesa.
Ok, mi ha convinto: risalgo in sella e tolgo il disturbo. A 20 metri di distanza, all’inizio di via Verdi, c’è il bar Duomo,
che propone anch’esso un’interessante rassegna di primi piatti e un’eterogenea tipologia di avventori…
Sistemata la bici contro il muro all’altezza del primo tavolino libero,
vengo immediatamente servito; il piatto non è proprio tipicamente trentino
e onestamente devo ammettere che cime di rapa e colatura di alici
nun dann’ de nudd, ma d’altra parte ordinare un piatto pugliese comportava un certo fattore di rischio. Visto che l’ora del treno si avvicina, decido di saltare il dolce e mi riporto in stazione un po’ in anticipo. E ho fatto bene, perché anche in stazione gli ascensori non ci sono e il treno Regionale 16679 per Verona viene preso d’assalto dagli studenti che tornano a casa, per cui appostarsi in pole position ha il suo vantaggio. Peccato che non mi ricordavo che sui FLIRT di questa serie gli spazi per le bici sono su tutte le carrozze tranne quelle d’estremità, comunque un posto a sedere lo trovo, la bici è a portata di mano e il viaggio dura nemmeno 20 minuti, quindi va tutto bene.
All’arrivo a Mori
ultima incollata di bici, poi carico armi e bagagli sull’auto e riparto verso casa, approfittando dell’occasione per dare un’occhiata a un altro percorso che ho in programma di fare, da Mori a Riva sulle tracce della ferrovia a scartamento ridotto chiusa nel 1936… ma questa è un’altra storia.
Vittorio