La Ciclovia dell’Oglio, con i suoi 280 km dal passo del Tonale alla confluenza con il Po, è uno dei principali itinerari cicloturistici italiani e da tempo avevo in mente di tornarci, dopo aver percorso più volte il tratto del lago d’Iseo
http://www.bicipieghevoli.net/index.php/topic,3397.30.htmlhttp://www.bicipieghevoli.net/index.php/topic,3397.45.htmle due o tre anni fa il tratto “basso” da Esine a Pisogne. Questa volta ho voluto puntare più in alto, ma forse ho puntato un po’ troppo in alto. L’idea era di partire da Edolo, capolinea della ferrovia da Brescia, e scendere fino a Esine in modo da saldarmi col tratto già percorso. Sulla carta non sembrava un’impresa proibitiva: 42 km e 440 metri di dislivello a scendere, ma nel tracciare il percorso su Komoot
https://www.komoot.com/it-it/tour/1569843024?share_token=a3LgOD5JgFuAoaNuNrDTB7d8hlVoqMpnsBbfI3JHYbbpXdnj2n&ref=non ho fatto caso a quei 280 m di dislivello a salire, né al fatto che era da giugno che non pedalavo. E infatti il resoconto effettivo a fine giro sarà ben diverso…
https://www.komoot.com/it-it/tour/1861307624?share_token=aOzVF1mUnmWhTIvkK0poX3CvSqV8t97VMBe07oF4jylMfCXdsf&ref=Poiché in questo periodo ci sono cantieri che dal lunedì al venerdì interrompono la ferrovia proprio nel tratto che avrei dovuto percorrere, la scelta dei giorni era obbligata a sabato e domenica. Sabato il tempo era ancora incerto, ma per domenica le previsioni erano incoraggianti: coperto al mattino, sole da mezzogiorno in poi, temperature dal fresco al gradevole. Ok, aggiudicato; purtroppo si pone un altro problema: la domenica tutti i bresciani che non si mettono in coda per andare sul lago di Garda si mettono in coda per andare sul lago d’Iseo, quindi invece di andare in auto fino a Esine come avevo pensato in origine, opto per prendere il treno direttamente da Brescia, anche se questo implica partire da casa un’ora prima. C’è di buono che la domenica mattina sul presto non c’è traffico e soprattutto non ci sono i pendolari, così che trovo facilmente parcheggio a un tiro di sasso dalla stazione.
Arrivando al binario di partenza del mio treno con la bici ancora aperta (la Espresso non è propriamente una campionessa di trasporto passivo, purtroppo) noto due cose: due automotrici ultratrentenni
al posto del moderno treno a pianale ribassato che mi aspettavo e un ferroviere che rimanda indietro i viaggiatori con bici al seguito. Ci prova anche con me ma non fa obiezioni quando gli spiego che si tratta di una pieghevole, raccomandandomi solo di piegarla prima di salire sul treno.
Salire, è una parola: gli scalini sono ripidi, la porta stretta e la bici bella pesantuccia… Visto che il treno è pressoché vuoto, sistemo la bici in mezzo a due coppie di sedili; nel corridoio sporge leggermente solo il manubrio (il capotreno ci picchierà dentro almeno una dozzina di volte nel corso delle due ore abbondanti di viaggio) e mi rimane abbastanza spazio per le gambe.
Si parte in orario e le due arzille vecchiette svolgono egregiamente il loro lavoro; addirittura, secondo l’app Trenord, stiamo viaggiando con… un giorno di anticipo!
Altro che la DeLorean...
Il panorama sul lago d’Iseo è sempre affascinante.
Poco prima di Pisogne controllo il cantiere del completamento della ciclabile Pisogne-Toline e con mia grande sorpresa vedo che dall’ultima volta
http://www.bicipieghevoli.net/index.php/topic,3397.msg102399.html#msg102399è già stato steso l’asfalto e mancano solo le ringhiere.
All’arrivo a Edolo, qualche scatto per ricordo in stazione
poi accendo il navigatore e mi avvio, cercando invano un bar aperto per un caffè. Si attraversa una prima volta l’Oglio, che qui è ancora un torrentello di montagna, con un caratteristico ponticello di legno
e poi lo si costeggia brevemente
fino alla ferrovia, poi si attraversa la statale e poche decine di metri dopo la si lascia alle spalle; qualche centinaio di metri nella zona industriale di Edolo e all’improvviso il panorama cambia: dopo un tratto di sentiero in mezzo all’erba
un breve strappetto porta sulla strada verso Rino; strada facendo mi concedo una pausa caffè. Dopo Rino una discesa piuttosto ripida in ambiente bucolico
mi fa scendere di una novantina di metri in circa 1 km (e mi ricorda che avrei dovuto controllare i freni prima di partire...), poi si prosegue prevalentemente in discesa su una stradina a mezza costa;
a questo punto mi decido a montare la telecamerina e il telecomando al manubrio per evitare di fermarmi ogni volta che voglio fare una foto, e già che ci sono mi mangio una barretta energetica. Il percorso entra nel bosco
dove incontro un breve tratto lastricato e in contropendenza
che affronto a piedi senza problemi.
Dopo un gradevole tratto pianeggiante in riva all’Oglio,
i guai arrivano con una prima rampa tosta: circa 230 m al 7-8% per risalire di 20 m;
arrivo in cima piuttosto in affanno e decido che è il momento buono per mangiare un’altra barretta e soprattutto di togliermi la felpa dentro cui sto facendo la sauna. Il percorso alterna asfalto e ghiaia e per fortuna i bici sono segnalati con cartelli che indicano come destinazione “Po”; è vero, la Ciclabile dell’Oglio termina alla confluenza col Grande Fiume, ma da qui sembra tanto lontano…
Altri 4 km circa di saliscendi con contropendenze decise
mi portano ad attraversare la ferrovia in corrispondenza della fermata di Forno d’Allione
e due volte il fiume Oglio.
Poco dopo cominciano i guai veri: una serie saliscendi, con brevi discese
e veri e propri muri al 6, 7 e anche 8 %, roba da fare fatica anche a spingere la bici in salita; la Espresso già di suo non è leggerissima, poi stavolta ho anche un po’ di carico (tante cose che “non si sa mai, potrebbero servire”), in breve: un inferno! Fortuna che fa fresco, almeno non rischio il colpo di calore…
Tiro avanti sacramentando, fermandomi a ogni piè sospinto, magari con la scusa di spararmi l’ultima barretta e di fare una foto alla bici
(la pendenza è quella vera, non è la foto storta) e applicando la teoria del grande Alex Zanardi: ancora 100 metri e poi rinuncio, ancora 100 metri… E giusto alla fine degli ultimi 100 metri, quando ormai avevo deciso di fare dietro front e proseguire sulla statale di fondovalle, finalmente spiana e in lontananza si vede un po’ di discesa!
Discesa, qualche modesta contropendenza, poi il tuffo verso il fondovalle di Sellero. Il percorso attraversa di nuovo l’Oglio, risale un po? (mannaggia…) e prosegue con brevi strappetti in contropendenza su un sentiero stretto e sconnesso (notare anche qui i cartelli con le indicazioni “Po” e “Breno”)
e poi su una stradina asfaltata molto gradevole.
Le gambe girano ancora, il fiato è un po’ corto, ma il problema vero è un altro: sono le 13.30 passate e Breno, dove avevo contato di fermarmi a mangiare, dista ancora più di 10 km e non sono nemmeno sicuro che siano tutti pianeggianti…
Urge un piano B, e alla svelta: un’occhiata a Google Maps e individuo un ristorante Graffiti Park (
*) a Capo di Ponte, giusto un paio di km davanti a me. Un ultimo sforzo e finalmente un bel piatto di casoncelli caldi e belli unti…
Un’occhiata all’app di Trenord e individuo un treno comodo per rientrare; stranamente sull’app solo per questo treno il biglietto non risulta acquistabile, e naturalmente nei dintorni della stazione non c’è uno straccio di bar che ne venda…
Stavolta il treno è uno dei moderni GTW 4/12 Stadler,
panoramici, climatizzati, con tante belle prese elettriche per ricaricare il telefono… ma inaspettatamente lo spazio tra le sedute non basta, per un paio di centimetri, a infilarci in mezzo la biciona; un po’ laboriosamente (ci sono in mezzo quattro gradini per attraversare l’unità motrice intermedia) mi sposto nella carrozza successiva, dove c’è lo spazio per le bici, che però è già occupato
Per fortuna il modulo di sedili adiacente è quello previsto per le sedie a rotelle, con le sedute ribaltabili e un po’ più spaziate, e così riesco a parcheggiare la “bestia”
e godermi il viaggio. Ripassando da Pisogne mi ricordo di dare un’altra occhiata al cantiere della ciclabile e vedo che lato Toline è già cominciata anche la posa della ringhiera, per cui siamo davvero in dirittura d’arrivo; anzi c’è già qualcuno che la sta percorrendo…
Insomma, due motivi per tornare: il tratto mancante da Capo di Ponte a Breno e Boario e la ciclabile lungolago finalmente completa. Sperando che nel frattempo non caschi qualche frana...
(
*) I graffiti in questione naturalmente non sono né quelli americani né gli scarabocchi dei vandali pseudo-artisti, bensì quelli rupestri del vicino parco archeologico, opera delle antiche popolazioni camune (sono andati avanti a fare incisioni sui sassi dal Mesolitico fin quasi alla fine dell’Impero Romano…).