Ciao a tutti.
Di seguito la recensione di Vittorio e le mie foto relative alla nuovissima DAHON modello Hemingway D9.
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Abbiamo provato la Dahon Hemingway D9, un nuovo modello della celebre casa californiana. A una prima occhiata l’estetica generale ricorda un po’ le precedenti Jetstream e Jet, con la fondamentale differenza di non avere sospensioni né anteriori né posteriori.

Telaio e forcella sono di alluminio, con piega centrale, giunto centrale V-Clamp, piantone di sterzo non regolabile in altezza e le predisposizioni per il montaggio di parafanghi, portaborraccia, portapacchi posteriore, terza ruota (Dahon Landing Gear) per il trasporto passivo e staffa di carico anteriore (KlickFix o simili), i cui fori di innesto sono coperti da una placchetta con lo stemma della casa tenuta da una vite a brugola da 3 mm soluzione non solo elegante ma anche interessante perché perfettamente reversibile, a differenza della copertura adesive o con tappini di gomma che siamo abituati a vedere su altre bici.

Il carro posteriore della Dahon Hemingway D9 ha una larghezza tra i forcellini (OLD) di 135 mm.
Sotto il collarino di fissaggio del tubo reggisella si nota un adesivo con una zona da grattare sotto la quale immaginiamo si trovi un codice univoco per la registrazione della garanzia sul sito del costruttore.

L’aspetto generale è meno filante di altre pieghevoli della stessa categoria, con il trave principale del telaio alto e quasi perfettamente orizzontale; a una prima occhiata si può avere l’impressione di un bici “corta”, ma poi, metro alla mano, si scopre con una certa sorpresa che le misure di passo e lunghezza totale (102 e 153 cm rispettivamente) sono identiche a modelli classici come Vitesse e Speed. Interessante lo spazio triangolare sopra il movimento centrale, che si presta bene a esser sfruttato per inserirvi una borsetta porta attrezzi.

I passaggi dei cavi sono esterni, forse non eleganti ma sicuramente molto più pratici di quelli all'interno del telaio.
Il costruttore dichiara una massa di 12,3 kg e il valore ci è sembrato pienamente attendibile.
La bici della nostra prova era equipaggiata di catarifrangenti solo posteriore e sulle ruote, quindi ancora da completare per essere resa “codice”.
Le livree disponibili attualmente sono due: celeste/nero come nella bici della nostra prova e rosso scuro/grigio scuro. Molto elegante la finitura nera satinata del piantone di sterzo e del tubo reggisella, da verificare però la loro tenuta nel tempo.
IL MANUBRIO
Il manubrio è quasi dritto, largo 56 cm, e ha un diametro di 25,5 mm al centro e 22,3 mm alle manopole; è montato su un piantone non regolabile lungo 315 mm che determina un’altezza da terra di 97 cm, adatta per un assetto né troppo sportivo né troppo turistico per persone di corporatura media (la casa indica una statura massima di 1,90 m e un peso di 105 kg).

Può essere sbloccato con la leva a eccentrico (con blocco di sicurezza a molla) e ruotato per regolare l’angolazione ideale delle leve dei freni e per disporle verso il basso prima della piega.


Le manopole Ergo Confort hanno un aspetto un po’ dimesso e sono di gomma dura ma non rigida, senza appoggio palmare; resta quindi un’incognita il confort su lunghe distanze.
Sotto la manopola destra si trovano le levette del selettore del cambio SRAM X5, pratiche all’uso ma senza indicatore della marcia inserita.

IL SISTEMA FRENANTE
I freni sono V-brake da 110 mm, azionati da leve AVID con la classica presa “a tre dita” e regolatori di tensione dei fili.[/img]

LE RUOTE
Le ruote sono da 20”, con cerchi d’alluminio a doppia parete con finitura nera opaca, l’anteriore a 20 raggi, il posteriore a 28 raggi, entrambe con sgancio rapido, una finezza che però non ci sembra indispensabile e che potrebbe essere perfino controproducente se si dovesse lasciare la bici incustodita all’aperto.

Montano di serie pneumatici Kenda da 20x1,95 di aspetto un po’ economico, con pressione di gonfiaggio tra 2,8 e 4,6 bar.



La larghezza del carro posteriore e della forcella all’altezza dei pneumatici (circa 70 mm) fa ritenere che sia possibile montare senza troppe difficoltà anche copertoni più larghi come le Big Apple da 2,15”.
LA TRASMISSIONE
La corona singola, avvitata sul “ragno” centrale e quindi facilmente sostituibile, ha 53 denti e...

... i pignoni con la sequenza di 11-12-14-16-18-21-24-28-32 denti, determinano uno sviluppo metrico (distanza percorsa per ogni giro di pedivella) compreso tra 2,53 m con il rapporto più corto e 7,37 m con quello più lungo (calcolati in base a una circonferenza della superficie di rotolamento delle ruote misurata di 153 cm).
Il deragliatore è uno SRAM X5, a gabbia corta.

LA SELLA
La sella montata di serie ha un aspetto abbastanza economico ma si è comunque dimostrata molto comoda fin dal primo approccio.

Nella vista di dettaglio si notano la clip di fissaggio e i binari della sella senza impressa la scala graduata per una regolazione di precisione.

Anche il tubo reggisella, da 33,9 mm di diametro per 580 mm di lunghezza, non ha la scala graduata per la regolazione di precisione dell’altezza.
GLI SNODI
La cerniera alla base del piantone, posta a 65 cm da terra, è quella classica della maggior parte dei modelli Dahon, di aspetto solido e ben rifinito, con il blocco di sicurezza a farfalla con richiamo a molla.

In posizione di apertura la leva rimane bloccata a incastro in una piccola forcella.

Il giunto centrale V-Clamp, di aspetto molto solido, ha la leva di sblocco (con nottolino di sicurezza a molla) che a bici piegata rimane all’interno dell’articolazione.



I PEDALI
I pedali sono pieghevoli, dotati di catarifrangenti, e si sbloccano spingendoli verso il mozzo.


IL CAVALLETTO
Il cavalletto laterale è regolabile in lunghezza, particolarità non necessaria per questa bici ma adottata probabilmente a fini di razionalizzazione della componentistica all’interno della gamma Dahon, in modo da poter essere applicato anche su bici di tipo molto diverso.

I PARAFANGHI
I parafanghi non sono montati di serie ma sul telaio sono presenti i relativi attacchi.
IL SISTEMA DI PIEGATURA
La sequenza di piega della Hemingway è quella solita di tutte le pieghevoli a snodo centrale, con il manubrio all’interno dei semitelai, a vantaggio della compattezza; poiché lo spazio per il manubrio fra i due semitelai è abbastanza contato, prima di abbattere il piantone di sterzo bisogna ruotare il manubrio disponendolo con le leve dei treni verso il basso, in modo da renderlo il più “sottile” possibile; più di tante parole, il nostro video esemplifica le operazioni e la loro sequenza.
N.B: non riersco a caricare il video con protagonista il nostro Vittorio. Se volete vederle questo è il link:http://milanofoldingbikers.blogspot.com/2018/05/dahon-hemingway-d9.html

Ecco come si presenta la bici da chiusa: sul sito del produttore le dimensioni dichiarate sono 79x65x32 cm, non molto distanti dagli 86x69x39 cm rilevati da noi.

TRASPORTO PASSIVO
Una volta chiusa, la Hemingway si lascia trasportare nei due classici modi “a trolley” e “a carrellino”, in entrambi i casi con una stabilità migliore della maggior parte di bici a piega centrale, grazie alle ruote che si dispongono ben parallele e quasi perfettamente allineate. I magneti però tendono a sganciarsi abbastanza facilmente, compromettendo la stabilità.


SU STRADA
Una volta in sella, la Dahon Hemingway D9 mostra un’indole brillante; il telaio rigido fa scaricare bene a terra la potenza e i rapporti più lunghi permettono di raggiungere buone velocità (a patto di avere la gamba per spingerli...); la posizione in sella è naturale e la rigidità del telaio invoglia allo scatto e a qualche fuorisella. Anche nelle frenate più decise non si avvertono segni di flessione. A compensare un po’ ci pensano le gomme “cicciotte” che incassano piuttosto bene le asperità.
La guida è precisa e agile, ma non è consigliabile tentare anche il “senza mani”.
CONCLUSIONI
La Dahon Hemingway D9 ha due aspetti contrastanti: a un telaio ben progettato e realizzato e un cambio di buona qualità si abbinano altri componenti (manopole, sella, pedali e pneumatici) dall’aria più economica, scelti probabilmente per contenere il prezzo finale (849 euro di listino).
Osservando però con attenzione i dettagli di questa bici, abbiamo scoperto le predisposizioni (vedi frecce rosse in foto) per il montaggio dei freni a disco anteriore e posteriore e per un deragliatore centrale (non dimentichiamo la guarnitura smontabile)



Tutto questo fa pensare che in futuro possa arrivare anche una versione “ricca” con dotazioni di gamma più alta.
Così come è adesso, la Dahon Hemingway D9 appare un interessante compromesso: sportiva ma non esasperata e utilizzabile anche quotidianamente da pendolare. La rigidità del telaio e il robusto snodo centrale assicurano una buona tranquillità anche su pavimentazioni “difficili” come il pavé e il basolato di Milano e sicuramente permettono di affrontare agevolmente anche qualche sterrato non troppo impegnativo.
Un ringraziamento va agli amici del negozio "La Stazione delle Biciclette" che ci hanno dato in prova la Dahon Hemingway D9 per il test.
E, per finire, i due tester che hanno provato per voi la Hemingway, rigorosamente in ordine di età…
