Dopo il trailer di Boccia non posso fare a meno di raccontarvi della mia nuova bici, che in realtà conoscerete già tutti per la ricca presentazione fattane da lui. La storia parte da lontano, perché l’avevo ammirata da lontano sulle pagine del forum, poi aveva cominciato a rodermi il tarlo della bici da sterrati, perché mi sono reso conto che la mia fida Vitesse veniva trascinata un po’ troppo spesso su terreni poco congeniali alle sue ruote da 20” e ai suoi snodi.
Dopo aver pigramente fantasticato su una qualche Montague non troppo estrema, un bel giorno ho letto che Boccia metteva in vendita la sua biciona sul mercatino del forum; un primo scambio di messaggi non ho sortito nessuna conclusione, poi nel marzo scorso un altro contatto ma ancora non riuscivo a decidermi, anche in considerazione del fatto di avere già molte più bici che sederi da metterci sopra…
Alla fine a farmi smuovere dalla mia ignavia è stato l’avvicinarsi della scadenza della pensione, e così – dopo aver ottenuto l’assenso del mio azionista di controllo, e senza nemmeno dovermi impegnare all’acquisto di un canide (
*) – ho ripreso contatto con Boccia, che mi ha confermato la disponibilità della bici; altri tre o quattro messaggi per concludere la trattativa e così sabato 11 mi sono imbarcato su un .italo no-stop alla volta di Roma per andare a concludere lo scambio.
Viaggio liscio come l’olio, con bei panorami sulla pianura padana spolverata di neve
e ci incontriamo fuori da Termini, scoprendo un’altra affinità: entrambi guidiamo una Honda rossa del 2008, solo che la mia è una Jazz e la sua una Insight ibrida, nel cui bagagliaio ha comodamente caricato la grande Espresso e la piccola Olmo.
Parcheggiata nei dintorni la “nave madre”, abbiamo cominciato a girellare per Roma sfidando un venticello freddo e teso che non aveva proprio niente in comune col ponentino: dopo aver percorso un bel tratto della ciclabile del Tevere (la Regina Ciclarum), una trattoria nel quartiere Prati ha accolto le nostre terga, un po’ provate dai sampietrini, e le nostre bici per una frugale pausa-amatriciana.
Dopo l’immancabile tappa a San Pietro per una foto ricordo fatta scattare al primo turista di passaggio,
cominciava ad approssimarsi l’orario di partenza del mio treno, per cui c’era da affrontare la risalita fino a Termini: di nuovo ciclabile del Tevere, ponte Garibaldi, via Arenula, piazza Argentina, piazza Venezia, via dei Fori Imperiali e infine la temibile salita di via Cavour: certo non è lo Stelvio, sono 40 m di dislivello spalmati su 1,4 km di strada quindi una media di 28 mm/m, ma con l’insidia che la pendenza continua a crescere mano mano che si procede; qui la Espresso dimostra tutta la validità della sua trasmissione e della rigidità di un manubrio a cui ci si può aggrappare per spingere sui pedali senza flessioni o scricchiolii sospetti. Un po’ mi metto d’impegno per non sfigurare con Boccia, un po’ faccio lo sborone, insomma arrivo in cima con un discreto vantaggio, ma se Boccia a differenza mia non si fosse rigorosamente fermato a tutti i semafori rossi, al suo arrivo mi avrebbe trovato molto più ansimante…
Regolati i nostri affari e ricevute le ultime istruzioni, è ormai ora di salutarci e per me di prendere posto sul treno del ritorno, che in teoria dovrebbe partire dal binario 2 e invece è stato proditoriamente spostato all’8: è una buona occasione per testare il trasporto passivo della Espresso (spingendola a mo’ di carrello tenendola per il naso della sella), che si rivela più agevole rispetto alla Vitesse, grazie anche ai magneti fatti montare a suo tempo da Boccia.
Date le dimensioni della bici, ero un po’ timoroso che il personale di bordo potesse fare qualche obiezione, tanto che mi ero portato appresso la mai utilizzata borsa della Vitesse per provare a coprirla, invece i due ragazzi fermi davanti alla porta di salita mi ignorano al punto che quasi devo chiedere permesso per passare…
Per stare sul sicuro, nella prenotazione avevo investito un euro supplementare per assicurarmi il posto 2 della carrozza 8 (il treno è un AGV.575, non un EVO), nello spazio per persone a mobilità ridotta, (
**) e la bici, per grande che sia, trova tutto lo spazio necessario addossata al tavolino che impedirà il suo ribaltamento nell’eventualità di una frenata brusca.
Meno di tre ore di viaggio e poi l’ultima volata da Rogoredo a casa.
Prime impressioni: la forcella ammortizzata e le ruotone da 26x2,00” hanno incassato agevolmente buche e sampietrini della ventina di km che abbiamo percorso a Roma: la piega è velocissima e il trasporto passivo agevole. Dimensioni e massa sono ragguardevoli, ma il trasporto intermodale è ancora possibile, a patto di scegliere treni moderni con pavimento ribassato e poco affollati.
La trasmissione è molto versatile (non ho ancora calcolato tutti gli sviluppi metrici); certo, i rapporti effettivamente sfruttabili non sono proprio 24, perché come in ogni cambio 3x8 ci sono alcune configurazioni da evitare per non avere una linea di catena troppo diagonale e perché vanno in sovrapposizione con altre; diciamo che solo la corona centrale permette di usare tutti e otto i pignoni posteriori, e nell’uso normale sono più che sufficienti. Rispetto al comando a manopola rotante
(grip-shift) al quale sono abituato, dagli innesti precisi e velocissimi, ho notato una reazione un po’ più “spugnosa” del comando a levette, specie quello del deragliatore anteriore, ma ho anche apprezzato la comodità di scalare due marce in un colpo semplicemente premendo a fondo la levetta destra, cosa molto utile per esempio quando ci si deve fermare di colpo per un semaforo diventato rosso all’improvviso.
I freni sono modulabili e belli potenti, fattore non trascurabile visto che anche uno scarso come me riesce a spingere a 27-28 km/h in piano.
Da ultimo, un sentito ringraziamento a Boccia, che ha tenuto a omaggiarmi di una dotazione di accessori più che ragguardevole: fanalini Cat-Eye anteriore e posteriore, computerino Sigma a filo, pompetta e portaborraccia, borsa laterale e due camere d’aria di scorta. E, come se non bastasse, mi ha dedicato praticamente l’intera giornata facendomi da Cicerone per le vie della capitale e successivamente si è interessato alla mia soddisfazione dopo l’acquisto.
Soddisfazione sicuramente piena, anche se per ora la Espresso non è più uscita dal garage; ma tra un paio di settimane vado in pensione e allora…
Vittorio
(
*) a differenza di Hopton; in realtà alla mia dolce metà piaceva da matti il lupo della pubblicità Brondi, ma l’ho minacciata di regalarle invece Amico Smartphone…
(
**) posto di finestrino, con seduta ribaltabile per l’eventuale sedia a rotelle e ovviamente senza nulla davanti; ottima alternativa, sulla stessa carrozza, è il posto 3, posto unico dotato di poggiapiedi, tavolino estraibile dallo schienale davanti e ampio spazio a fianco per la bici.